Non c'era alcun patto corruttivo
tra l'ex garante dei detenuti della provincia di Caserta,
Emanuela Belcuore, e il recluso del carcere di Santa Maria Capua
Vetere Mario Borrata, affinché questi avesse un trattamento di
riguardo grazie alle attenzioni della garante e ai suoi buoni
uffici presso la direzione dell'istituto. E anche i regali che
la Belcuore ha ricevuto tramite la sorella di Borrata, Sara,
proprietaria di un negozio di abbigliamento a Casal di Principe,
non rappresentano il prezzo della corruzione, ma semplici doni
dovuti alla relazione che la garante intratteneva con Borrata.
Lo ha stabilito il tribunale del Riesame di Napoli, che ha
annullato nei confronti di Mario e Sara Borrata la contestazione
di corruzione contenuta nell'ordinanza di custodia cautelare
emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di
Santa Maria Capua Vetere il 20 maggio scorso. Mario Borrata, già
in cella per un omicidio di camorra, era stato colpito da misura
carceraria, la sorella Sara era invece finita agli arresti
domiciliari.
Per entrambi però la misura nella sua interezza non è stata
annullata, per cui restano le restrizioni alla libertà decise
dal gip, essendo rimasto in piedi il reato di ricettazione di un
telefonino che Borrata avrebbe usato in cella. I giudici del
Riesame hanno accolto la tesi del difensore dei fratelli
Borrata, Angelo Raucci, che ha dimostrato, tramite soprattutto
comunicazioni telefoniche intercorse tra le parti, che le scarpe
Gucci come i vestiti e i soldi regalati alla Belcuore -
dimessasi dal ruolo di garante nel luglio 2023 - non fossero
legati ai presunti favori che per la Procura di Santa Maria
Capua Vetere l'ex garante avrebbe fatto a Borrata, ma si
trattasse invece di regali d'amore.
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