Un altro importante passo avanti nella lotta al neuroblastoma, il tumore solido extracranico più frequente dell'età pediatrica. Ricercatori dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù hanno messo a punto una nuova strategia terapeutica basata su cellule ingegnerizzate Car-T derivate da un donatore compatibile (allogeniche) da impiegare nelle forme di neuroblastoma che non rispondono più ai trattamenti o che hanno dato luogo a recidiva. La tecnica è stata testata con buoni risultati su 5 piccoli pazienti in una sperimentazione i cui dati sono stati recentemente pubblicati sulla rivista Nature Medicine. Le cellule Car-T sono ottenute utilizzando cellule immunitarie (i linfociti T) modificate geneticamente per riconoscere le cellule tumorali attraverso un 'bersaglio' presente sulla superficie (denominato GD2) e in tal modo ucciderle selettivamente.
Lo scorso anno i ricercatori del Bambino Gesù avevano presentato i dati di una sperimentazione in cui venivano usati i linfociti T degli stessi pazienti, opportunamente ingegnerizzati, per combattere il neuroblastoma. I risultati sono stati ottimi. Non in tutti i pazienti, però, questo è possibile: in alcuni le cellule sono state indebolite dalla malattia e dai trattamenti o sono presenti in numero insufficiente, altri hanno già percorso la strada del trattamento con cellule autologhe e questo si è dimostrata inefficace o ha perso efficacia nel tempo. Per questi malati oggi i trattamenti sono limitati.
Il nuovo studio dimostra che, oltre alle cellule del paziente, è possibile impiegare in maniera efficace e sicura anche le cellule prelevate da un donatore compatibile. In tal modo si offre una chance di trattamento anche a questi pazienti.
"Le cellule Car-T allogeniche svolgono un'attività antitumorale anche superiore rispetto alle Car-T autologhe poiché i linfociti da cui sono generate provengono da soggetti mai precedentemente esposti a trattamenti chemioterapici che influiscono anche sullo stato di salute dei linfociti", spiega Franco Locatelli, responsabile del Centro studi clinici oncoematologici e terapie cellulari del Bambino Gesù. La nuova sperimentazione ha testato questa strategia in 5 pazienti dai 4 agli 11 anni con forme di neuroblastoma refrattarie ai trattamenti o recidivanti. Due di loro erano già stati sottoposti a trattamento con Car-T con cellule autologhe.
Il nuovo trattamento ha mostrato di essere in grado di contrastare efficacemente il tumore. Tre pazienti hanno infatti ottenuto una remissione completa, cioè la scomparsa dei segni della malattia; 1 è andato incontro a una remissione parziale, vale a dire una riduzione consistente dei segni del tumore; nell'ultimo paziente non sono stati osservati effetti diretti sul tumore ma la malattia si è stabilizzata per alcuni mesi.
Nonostante questi risultati, il trattamento in questo gruppo di pazienti non è riuscito a spegnere del tutto la malattia, che in 4 dei 5 malati è successivamente recidivata o progredita. Per due di loro, però, al termine dello studio il tumore era ancora stabilizzato quando erano trascorsi, rispettivamente, 20 e 24 mesi dal trattamento. Il quinto paziente era invece ancora in remissione completa.
"Questi risultati rappresentano una svolta importante perché dimostrano l'efficacia e la sicurezza delle cellule Car-T allogeniche", continua Locatelli. "La terapia genica allogenica ha la possibilità di affiancarsi a quella autologa per incrementare la possibilità di offrire il trattamento con cellule Cart-T anche a quei pazienti che per la pregressa storia non potrebbero beneficiarne o che hanno già fallito il trattamento con le cellule Car-T autologhe", conclude.
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