Il cambiamento climatico è la prima
preoccupazione degli agricoltori e allevatori italiani. Per
quasi due terzi la transizione ecologica è ormai diventata una
necessità da affrontare, mentre per uno su quattro è
un'opportunità da cogliere. Nonostante le difficoltà il 63% è
ottimista sulla continuità della propria azienda, con punte
dell'83% tra gli under 45. E non solo, perchè il 59%
incoraggerebbe i figli a intraprendere la professione. Operatori
italiani che si rivelano più positivi di spagnoli e polacchi,
gli altri due Paesi che hanno partecipato a questa indagine.
È quanto emerge dal report realizzato a un anno dalle
proteste dei trattori, di More in Common, organizzazione
internazionale che si occupa di ricerca sociale. Dalle
interviste a un campione rappresentativo di 600 manager di
aziende agricole italiane, spicca una percezione negativa sullo
stato dell'agricoltura ('pessima', 'difficile', 'fallimentare',
'abbandonata' le definizioni più utilizzate), la cui
responsabilità principale è imputabile al governo per il 26%,
per il 14% ai politici in generale e all'Unione Europea, per
l'8% al mercato; in generale il 78% si sente poco o per nulla
rappresentato nelle decisioni e nei dibattiti pubblici.
Il cambiamento climatico preoccupa tutti, rileva l'analisi,
in particolare al Sud e nelle Isole, menzionato dal 22% del
campione, seguito dall'aumento dei prezzi dei fattori di
produzione (15%) e dal calo di quelli di vendita imposti dai
distributori (14%); segue la diminuzione o stagnazione del
reddito segnalata dal 12%. Per quanto riguarda la transizione
ecologica, considerato il miglior modo per risalire la china,
solo il 26% non si dimostra interessato all'installazione di
impianti rinnovabili sulle proprie produzioni, mentre la maggior
parte si divide tra chi li ha già installati o si è detto
disponibile a farlo in futuro.
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