Cambia la geografia delle spese per
la produzione del vino, dove al progressivo calo dei costi
energetici del 15,4% si è affiancata un aumento a doppia cifra
per i servizi agricoli, in particolare il lavoro conto terzi con
+27,6% in un anno e beni e servizi legati a costi assicurativi e
all'impiego di mezzi e materiali per la produzione. Per i salari
a lavoratori fissi e avventizi si registra un incremento
superiore al 2%. E' quanto emerge dal focus
Censis-Confcooperative 'L'Italia del vino: superfici, costi ed
export' elaborato su dati Ismea, in occasione del Vinitaly. "La
maggiore rigidità dei costi - commenta il presidente Raffaele
Drei - potrà rappresentare un fattore critico nel momento in cui
verranno applicate le misure di restrizione alle esportazioni
dei prodotti italiani da parte degli Stati Uniti, primo mercato
per il vino italiano". Con preoccupazione Drei fa notare che "i
dazi causeranno un inevitabile caos sui mercati e determineranno
un contraccolpo nei risultati economici delle aziende del vino
italiano che hanno messo a segno una crescita del 28,5% negli
ultimi 4 anni superando gli 8 miliardi di euro, di questi vale
circa 2 miliardi l'export delle nostre cantine".
Quanto infine alla ripartizione dei costi dell'export
vitivinicolo, secondo il focus, nel 2024 il valore complessivo
è stato di 8.138 milioni di euro, di cui 4.152 milioni, pari al
51% del totale esportato, è riconducibile a vini di
denominazione di origine protetta. Il 22,4%, pari a 1,8 miliardo
di euro, al Prosecco, il 9,2% per 740 milioni a vini Dop della
Toscana e 7,5% per 614 milioni a vini Dop del Veneto. L'Asti
spumante apporta un contributo di 166 milioni di euro e dalla
regione Piemonte provengono altri 389 milioni, per un totale di
555 milioni di euro. Altre regioni, come il Trentino e il
Friuli, contribuiscono per 287 milioni, mentre valori più
contenuti per la domanda estera si sono pubblicati alla Sicilia
e al Lazio.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA