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Suicida su TikTok: padre, 'Procura con paraocchi, deve indagare'

Suicida su TikTok: padre, 'Procura con paraocchi, deve indagare'

'Così non si proteggono i ragazzi dai cyberbulli'

BOLOGNA, 14 febbraio 2025, 15:55

Redazione ANSA

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© ANSA/A

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BOLOGNA, 14 FEB - "È tutto talmente evidente, le responsabilità di queste persone sono alla luce del sole, le hanno ammesse loro stessi online, le hanno ammesse a me scrivendomi personalmente anche nell'immediato dell'accaduto, però per adesso l'unica con i paraocchi è stata la Procura, perché finora l'unica attività di indagine che è stata svolta è una richiesta sbagliata di quattro nickname ai social per sapere chi fossero gli utenti. Ma, ad esempio, c'è un nominativo che ha una responsabilità fortissima, c'è un nome e un cognome, e non è stato nemmeno contattato per sentirlo".
    A parlare è Matteo Plicchi, il padre di Vincent, il giovane tiktoker bolognese che il 9 ottobre 2023, nel corso di una diretta, si tolse la vita, dopo essere stato travolto da false accuse di pedofilia. Matteo Plicchi era in Tribunale insieme al suo avvocato, Daniele Benfenati, per presentare opposizione alla richiesta di archiviazione della pm Elena Caruso, secondo la quale non può configurarsi il reato di istigazione al suicidio, ipotizzato nell'esposto presentato a maggio scorso dalla madre e dalla zia di Vincent. Il Gip, Alberto Ziroldi, si è riservato sulla decisione.
    Nell'esposto sono indicati almeno quattro nomi, tutti italiani (ma ce ne sarebbero anche altri, negli Stati Uniti e in Austria), che secondo il legale e i familiari di Plicchi avrebbero a che fare in qualche modo con la morte di Vincent, o sono "quantomeno informati sui fatti". "Abbiamo ribadito la necessità di svolgere nuove indagini - ha spiegato Benfenati - non solo sul reato di istigazione al suicidio, sul quale comunque abbiamo insistito fermamente, l'abbiamo anche provata.
    Ma a tutto voler concedere ci sono gli atti persecutori nella forma del cyberstalking, piuttosto che le minacce gravi, minacce di morte. Fino alla diffamazione. Quindi chiediamo al Gip di rimandare gli atti al pm e di indagare. Noi abbiamo indicato nomi e cognomi, non solo nickname, poi non tocca a noi dire 'questi sono i colpevoli'". Per Matteo Plicchi, infine, "non indagando c'è il rischio di dare un messaggio sbagliato ai giovani, alle famiglie, perché dimostri di non poterli proteggere da persone che magari stanno reiterando lo stesso comportamento con altri ragazzi, li stanno perseguitando. E per questi due anni cosa abbiamo fatto? Dormito".

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