"La pubblicazione di un libro
bello, che critica una società, un governo, certamente non
cambia il mondo, ma diventa molto importante nel caso di un
Paese che si chiude come stanno facendo gli Stati Uniti. Credo
ci sia bisogno di molte più traduzioni da altri Paesi. Questo
perché la presenza di una letteratura straniera è una uscita di
emergenza, rappresenta una possibilità di vita, di costruire la
società, vivere insieme che forse in un paese specifico non
esiste più ed è minacciato come l'America in questo momento". Ne
è convinto lo scrittore Bjorn Larsson rispondendo all'ANSA a una
domanda sul ruolo degli intellettuali e a un certo
desengagement.
"Un problema dei paesi anglosassoni è che non traducono quasi
niente, mentre in Italia e Francia il 30 per cento dei libri in
circolazione è scritto da autori stranieri; in America soltanto
il cinque per cento".
C'è qualcosa però che gli scrittori devono fare: "Abbiamo il
compito di ricordare che ogni vita conta", dice riferendosi alle
guerre in corso. "Sono vite umane, è importante". Larsson è
"preoccupato da guerre e dalla situazione internazionale"
tuttavia sottolinea che "abbiamo memoria corta: quando sono
cresciuto c'era la minaccia della guerra nucleare, poi abbiamo
avuto non tanto tempo fa la guerra in Jugoslavia, le dittature
in Grecia, Portogallo, Spagna, e ancora l'Irlanda del Nord, i
paesi baschi ... dimentichiamo. Non penso che quella di oggi sia
una situazione peggiore rispetto al passato". Tuttavia, "bisogna
fare qualcosa per fermare questa idiozia della guerra ma
soprattutto risparmiare vite umane".
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