"La situazione mi turba
profondamente. E' la prima volta da anni e anni che noi in
Sudafrica quando guardiamo al futuro ci sentiamo più sicuri di
voi europei". Lo ha detto all'ANSA Damon Galgut, lo scrittore
Booker Prize 2021 con 'La promessa' (Edizione E/O), della guerra
in Ucraina. Tra i più attesi protagonisti della giornata di
chiusura di 'Libri come', protagonista di un incontro condotto
da Goffredo Fofi alla Festa del Libro e della Lettura
all'Auditorium Parco della musica di Roma, Galgut spiega: "Non
ho idea di come finirà. Noi sudafricani ne sappiamo molto meno
di voi. Chi può saperlo meglio di voi?".
Già due volte finalista al Booker Prize, nel 2003 e nel 2010,
nato a Pretoria nel 1963 e tra gli scrittori di maggior successo
della generazione letteraria sudafricana post-apartheid, Galgut,
che vive a Città del Capo, ci regala ne 'La promessa', uscito in
Italia nella traduzione di Tiziana Lo Porto, una saga familiare
moderna che poteva arrivare solo dal Sudafrica. E della
situazione della cultura nel suo Paese e dell'Africa che nel
2021 è stata grande protagonista della scena letteraria con il
suo Booker Prize e il Nobel ad Abdulrazak Gurnah spiega: "C'è un
serbatoio enorme di talenti letterari in Sudafrica. Una discreta
varietà di piccole case editrici e scrittori di tanti colori di
pelle, ma mancano i lettori, il pubblico. Esistono i festival ma
sono pochi". "Bisognerebbe invogliare alla lettura, sviluppare
la cultura della lettura che non è stata incoraggiata dalle
autorità sudafricane dalla fine dell'apartheid. Ma ci vorranno
ancora anni. Mi piacerebbe che qui, al posto mio, ci fosse uno
scrittore nero" ha detto Galgut nell'incontro, applauditissimo.
"Sotto apartheid i libri avevano una grande importanza, sono
stati una forma di resistenza come quelli della Premio Nobel
Nadine Gordimer. Caduto l'apartheid i libri non hanno più lo
stesso impatto che hanno avuto in quei decenni terribili. Non
vengono messi al bando, non sono più pericolosi" ha sottolineato
Galgut.
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