Dipinti bellissimi sconosciuti fino
ad oggi, ristretti nello spazio delle collezioni private o
nascosti in cantina. Se opere del genere non sfigurerebbero
accanto ai capolavori del primo Novecento, com'è possibile che
non sia rimasta traccia di un artista annoverato tra i nomi di
spicco del Futurismo e poi scomparso dalla metà degli anni Venti
pur continuando a dipingere ad alto livello fino alla morte nel
1944? Certo, il carattere tormentato e solitario di Gino Galli e
i pochi elementi disponibili sulla biografia e sulle cause
stesse della sua fine, a soli 51 anni, non aiutano a
ricostruirne nel dettaglio il profilo. Risulta quindi preziosa
la mostra che gli dedica fino al 6 maggio il Museo Laboratorio
di Arte Contemporanea dell'Università La Sapienza, la prima a
quasi ottant'anni dalla morte.
Il giornalista Edoardo Sassi e la ricercatrice Giulia Tutino
che l'hanno curata, coronando un lungo e minuzioso lavoro di
indagine, raccontano l'artista romano attraverso una cinquantina
di opere suggestive seguendo il filo cronologico. Ecco quindi
gli esordi 'divisionisti' nel 1910 come allievo prediletto di
Giacomo Balla, che lo accolse in casa, e la sterzata dopo la
Marcia su Roma verso un "ritorno all'ordine" e a un realismo
magico dallo stile originale e autonomo in cui predominano i
volti intensi, paesaggi e nature morte, i grandi ritratti di
autoerotismo maschile e femminile, l'immagine brillante quasi
marmorea di una Madonna con Bambino, fino all'ultimo quadro, una
Natività cupa e inquietante a chiudere i conti di una esistenza
difficile, complicata da una salute precaria e dalla fragilità
mentale.
Del resto, sull'oblio che ha avvolto Galli quando era in vita
e poi dal dopoguerra, oltre che l'adesione al Fascismo pesa
l'omosessualità, l'interesse per l'occultismo, la scoperta che
era nella lista dei sub-confidenti dell'Ovra, la polizia segreta
del Regime, i rapporti con Bice Pupeschi - alla quale dedicò
l'unico ritratto esistente - tenutaria di case di appuntamento,
spia e una delle amanti del capo della polizia fascista Arturo
Bocchini.
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