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Scoperte fatture false per 76 milioni in commercio preziosi

Scoperte fatture false per 76 milioni in commercio preziosi

Indagine guardia di finanza in Umbria anche su rodio e platino

MONTEFALCO (PERUGIA), 20 febbraio 2025, 11:24

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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L'emissione di fatture ritenute false per operazioni inesistenti per un valore complessivo di oltre 76,7 milioni di euro, con un'Iva evasa pari a 16 milioni è stata contestata dalla guardia di finanza di Perugia nel corso di accertamenti sul settore del commercio di metalli preziosi incentrati su una società con sede a Montefalco. A seguito dell'inchiesta, 12 persone sono state denunciate per reati tributari. Secondo gli investigatori il gruppo avrebbe orchestrato una serie di scambi illeciti di metalli preziosi, tra cui quintali di argento in rottami, numerosi chili di oro, rodio, platino e palladio.
    La società al centro degli accertamenti è risultata avere sede a Montefalco presso lo studio di un professionista. Avrebbe emesso le fatture false tra il 2017 e il 2023.
    Le indagini, condotte dalla compagnia di Foligno coordinata dalla Procura della Repubblica di Spoleto, guidata da Claudio Cicchella, sono durate cinque anni e sono state svolte con un approccio "trasversale".
    Quello che è stato individuato come capo dell'organizzazione, assistito da un consulente fiscale locale e da altri dieci "complici" operanti in Umbria (a Montefalco e Spoleto) e nel Lazio (Roma e hinterland capitolino), è accusato - emerge da un comunicato della guardia di finanza - di avere orchestrato un meccanismo di false fatturazioni che ha consentito alla società di ottenere un indebito credito d'imposta di dimensioni milionarie.
    Alle 12 persone denunciate sono stati contestati i reati di emissione e utilizzo di fatture false e dichiarazione infedele.
    La guardia di finanza ritiene che le transazioni al centro dell'indagine siano state contraddistinte da "un'evidente" falsificazione documentale, realizzate "senza alcun giustificativo di trasporto" o, nei rari casi in cui era presente una documentazione, con errori formali "evidenti e grossolani".
    Particolarmente sospetta è stata ritenuta la figura dei cosiddetti "falsi fornitori", che si sono rivelati privi di una struttura aziendale "anche minimale", senza beni strumentali e dipendenti, ma in grado di gestire operazioni commerciali di tale portata.
    In un caso, uno dei presunti fornitori risulta essere in realtà un dipendente di una parafarmacia e non un imprenditore nel settore dell'oro.
   

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