Il dialogo tra la cultura classica e
la contemporaneità sviluppato, una tecnica che con la
sovrapposizione di strati leggeri di rete metallica e tulle crea
figure impalpabili che emergono e si dissolvono. Si sviluppa
così la ricerca di Giorgio Tentolini, in mostra dal 10 aprile al
2 maggio alla Galleria Russo di Roma con i nuovi lavori riuniti
nella mostra ''Cantami o Diva'', a cura di Anna Castello. A
distanza di cinque anni dall'ultimo progetto, Diacronie, e dopo
la recente partecipazione alla Biennale di Venezia con Nemo
propheta in patria, l'artista di Casalmaggiore (Cremona) torna a
esporre nella capitale. ''L'immagine è da sempre il punto di
partenza del lavoro di Tentolini - osserva la curatrice -.
Attraverso di essa, l'artista indaga la realtà, recupera il
passato e riflette sul futuro''. I volti ispirati alla statuaria
classica per questo progetto ''fanno da contrappunto ai ritratti
dei personaggi femminili tratti dalla tradizione omerica,
ricreati come figure di sintesi grazie all'ausilio dell'
intelligenza artificiale''.
''Il mio lavoro - spiega l' artista - nasce dall'esigenza
di esplorare memoria e identità attraverso la stratificazione
della materia. L'immagine non è mai un dato immediato ma
qualcosa che si sedimenta, si svela gradualmente, emergendo dal
dialogo tra luce e ombra, tra pieno e vuoto''. Stratificando
diversi livelli di materiali traforati, spiega, ''intaglio la
luce stessa, costruendo immagini che mutano a seconda della
distanza e dell'angolazione dell'osservatore''. La statuaria
greco-romana incarna il concetto di bellezza come idealizzazione
che attraversa il tempo. ''Ma ciò che mi interessa non è la sua
fissità, bensì il suo movimento: la memoria di una forma, la
traccia che resta''. L'estetica classica, osserva, ha fissato un
modello che è divenuto riferimento culturale, ma anche limite.
''La bellezza assoluta diventa una gabbia che nega il
cambiamento Oggi, la società digitale modella e manipola
l'estetica, rendendola un prodotto riproducibile. L'AI genera
volti perfetti, ma privi di storia. Il mio lavoro si interroga
su questa mutazione: cosa resta della bellezza quando diventa
pura astrazione? Forse la più autentica è proprio quella che ci
sfugge, un istante prima di essere colta''.
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