Non è un professionista, non esibisce nessun pass al collo, non richiede l'accredito, ma ha immortalato Bob Dylan per oltre trent'anni sui palchi di tutto il mondo in centinaia di scatti, dividendo la macchina fotografica a pezzi, nascondendola - qualche volta persino nelle mutande - confondendosi tra la folla, guadagnando le prime file e scattando.
Ne è nata una collezione da cui deriva la mostra 'Stolen Moments', che apre domani alla galleria Antonio Colombo Arte Contemporanea a Milano.
L'autore della preziosa raccolta di ritratti fotografici del
menestrello del rock è Paolo Brillo (Bolzano, 1961), che nel
1984 aveva 23 anni e non aveva ancora intrapreso il mestiere di
commercialista, ma si trovava all'Arena di Verona per ascoltare
e vedere per la prima volta dal vivo Bob Dylan, ai tempi
dell'uscita di Infidels. Da allora non ha mai smesso di
fotografare Dylan, seguendolo di concerto in concerto durante
l'impresa titanica del Never Ending Tour.
Di questo titanico, ossessivo lavoro, Brillo ha pubblicato
testimonianza nel volume illustrato 'No Such Thing As Forever',
una selezione di 250 foto in trent'anni di concerti, dal 1989 al
2019, pubblicato da Red Planet Books. Nella prima Dylan non ha
neppure cinquant'anni, i capelli bruni e foltissimi, nell'ultima
scattata ad Hyde Park di Londra è un uomo anziano, rugoso e,
fatto straordinario per lui, accenna persino a un mezzo sorriso.
In mostra alla Galleria Antonio Colombo di Milanoaccanto a 25
"greatest hits dylaniane" una selezione di altre icone del rock,
fotografate sempre con lo stesso principio dello scatto rubato:
Keith Richards e Neil Young, Leonard Cohen e Patti Smith, Eric
Clapton e Jeff Beck.
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