(dell'inviata Alessandra Massi) Il Rossini Opera Festival guarda lontano. E' già pronto il programma del 2016: La Donna del Lago, con la regia del Pierino della lirica Damiano Michieletto, Il Turco in Italia e la ripresa del fortunato allestimento di Ciro in Babilonia di Davide Livermore, in stile kolossal del cinema muto. Nel 2017 ci sarà Le Siege de Corynthe, nel 2018 Semiramide.
Mentre il Rof 2015 è in pieno svolgimento, il sovrintendente Gianfranco Mariotti ha già la road map dei prossimi anni, dato che per accedere ai finanziamenti ministeriali bisogna fare una programmazione triennale. Qualcosa cambia nella macchina organizzativa del festival: Alberto Zedda, storico esperto di Rossini, lascia la direzione artistica, mantenendo la guida dell'Accademia Rossiniana. Al suo posto Ernesto Palacio, una delle più belle voci tenorili del Novecento, oggi docente ed esperto, appunto, di voci, che ha formato il tenore superstar Juan Diego Florez. Una scelta di sostanziale continuità, secondo Mariotti, con la linea portata avanti da anni, "massimo rigore filologico nella parte musicale, massima libertà espressiva nelle regie e nella parte visiva". Zedda resta in un ruolo di assoluto rilievo, "per noi l'Accademia per i giovani cantanti rossiniani è sempre più importante" sottolinea il sovrintendente, facendo notare quanta parte dei cast venga dal corso di formazione nell'ambito del Rof.
Tanto che oggi - sorride Mariotti - "trovare cantanti rossiniani è più semplice di 15 anni fa, anzi, direi che oggi è molto più difficile mettere insieme una compagnia di voci verdiane", come dimostra l'assenza di alcuni titoli del Cigno di Busseto dai cartelloni. Se oggi le voci rossiniane non mancano è anche merito del festival pesarese, partito nel 1980 con la scommessa di proporre il Rossini "filologico" delle partiture curate dalla Fondazione Rossini, di riscoprire il Rossini serio e, ultimo ma non meno importante, scoprire e formare nuove leve di cantanti in grado di prendere il posto dei grandi del passato, da Marilyn Horne a Samuel Ramey, da Rockwell Blake e Ruggero Raimondi, Enzo Dara e via dicendo. Che non a caso sono tutti passati per il Rof. Quanto alla massima libertà espressiva, agli annali del festival ci sono spettacoli che hanno fatto discutere o suscitato reazioni vivaci. La Gazza ladra di Michieletto nel 2007 ricevette una bordata di contestazioni, l'altra sera è stata applaudita freneticamente.
Mariotti sorride: "Noi non abbiamo un bacino di pubblico da rassicurare o tranquillizzare come le fondazioni liriche o i teatri di tradizione. Il compito di un festival è fare circolare le idee". A maggior ragione ora che la crisi incalza e i finanziamenti si sono ridotti. "Nel 2001 avevamo un bilancio di 14 miliardi di lire, 7 milioni di euro, oggi ne abbiamo 5. Non sono diminuiti tanto i finanziamenti statali - spiega -, anzi siamo l'unica realtà culturale che non ha avuto tagli, segno dell'apprezzamento che abbiamo da parte del Ministero". Ma si sono ridotti i contributi dei privati. Al Rossini Opera Festival però non sono abituati a lamentarsi: "Abbiamo imparato a produrre a bassi costi, facciamo meno repliche, abbiamo sfruttato tutte le nostre risorse, abbiamo rinunciato ad alcune parti del programma - ricorda Mariotti -, ma non abbiamo mai rinunciato alla qualità".
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