'Oltre la propaganda, la storia
delle foibe e della repressione fascista in Molise'. E'
l'argomento che sarà approfondito oggi nel corso di un incontro
a Termoli (Campobasso), alle 15.30 nell'Aula Adriatico
dell'Università del Molise, promosso dalla locale sezione
dell'Anpi. Tra i relatori, Giovanni Cerchia, docente di Storia
contemporanea all'Università del Molise. Alla domanda dell'ANSA
se andare 'oltre la propaganda' può considerarsi una
'provocazione' oppure se il tema trattato sia frutto di
un'illustrazione rigorosa ed equilibrata delle fonti Cerchia ha
risposto: "Ovviamente stiamo parlando della seconda ipotesi. Sul
tema si è giocata spesso una battaglia della memoria che aveva
poco a che fare con la drammatica vicenda dei nostri confini
nord-orientali e l'esodo giuliano dalmata. Il tentativo, a tanti
anni di distanza, è provare a dare un contributo per rimettere
il tema sul terreno dei fatti, nella consapevolezza della loro
estrema complessità. La propaganda e le provocazioni le facciano
altri. Sono certamente più bravi di me".
Ma tra Storia e propaganda qual è la linea di confine? "La
storia è una disciplina scientifica che deve rispondere a un
metodo e a delle fonti per ricostruire il passato. È come
l'indagine di un magistrato per determinare il colpevole di un
reato: un evento che appartiene al passato e che può rilevare
solo attraverso le tracce residue presenti sulla scena di un
crimine. La propaganda, parola antica e cara alla controriforma
cattolica, assume il suo moderno significato politico nel corso
della Grande guerra ed è uno strumento della mobilitazione
totale a sostegno del conflitto. La storia prova a dare un senso
alle cose, al caos degli eventi; la propaganda è, per
definizione, uno strumento manipolatorio con obiettivi
esplicitamente politici. La propaganda è raccontare di musici e
pensionati nella SS-Polizei che viene colpita a via Rasella".
Ancora oggi, 80 anni dopo, la 'battaglia delle idee' su
questi temi resta di stretta attualità. "Perché in realtà non
stiamo parlando del 1943-1945 (i due anni cruciali delle foibe),
ma di un tentativo di riscrivere la vicenda dell'oggi
manipolando la memoria e deresponsabilizzando le culture
politiche che, dopo aver approvato leggi razziali, ci condussero
in guerra al fianco di Hitler, fino all'occupazione della
Jugoslavia nella primavera del 1941. Le aggressioni del
settembre 1943 e del maggio-giugno 1945 furono atti criminali?
Senza alcun dubbio. Anzi, la seconda fase fu condotta con la
stessa spietata logica stalinista che portava all'eccidio di
migliaia di ufficiali polacchi tra il 1939 e il 1940. Avvennero
nel vuoto pneumatico della storia, dove tutti sono innocenti, a
iniziare dai responsabili della guerra? Di questa seconda
questione francamente ne dubito".
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