Quattordici anni. Ecco quanto sono durati i maltrattamenti che una figlia ha subito dalla madre, condannata a Torino a due anni di reclusione, confermati in appello. Umiliazioni che sono iniziate quando la vittima, oggi 24enne, era una bambina.
Per lei c'erano punizioni che ricordavano la pedagogia nera del XVIII secolo e che la giovane donna ha raccontato con sofferenza in aula. Come quando prendeva un brutto voto a scuola ed era costretta a stare in ginocchio sui gusci di noci. "All'epoca frequentavo le elementari - ha ricordato - dovevo sempre prendere il massimo dei voti, altrimenti venivo punita. Rimanevo nell'ingresso di casa, in ginocchio su un giornale cosparso di riso o gusci di noci. Mi lasciava lì fino a quando non ce la facevo più. I segni rimanevano per giorni, ma io non li mostravo a nessuno, avevo paura che mamma passasse dei guai". E proprio quella paura ha impedito alla giovane di denunciare la madre, una donna di origini romene che oggi ha 43 anni. "Non voglio che vada in galera, ma solo che mi lasci vivere tranquilla", ripeteva.
Fino al 20 gennaio 2021, quando, all'età di 20 anni, viene sbattuta fuori di casa, non prima di essere costretta a firmare un foglio nel quale si impegnava a non chiedere soldi per il mantenimento e a non diffamarla con amici e parenti.
"Con me hai chiuso - le dice la mamma - Hai un minuto esatto per fare una telefonata e chiedere a qualcuno di aiutarti". L'aiuto arriva da una sua ex insegnante, che per un periodo l'ha ospitata e che soprattutto la convince, quella stessa sera, a rivolgersi alle forze dell'ordine e raccontare tutto. Delle umiliazioni, delle botte e degli insulti. "Mamma mi ripeteva che avrebbe fatto meglio ad abortire. Diceva che non mi poteva più picchiare perché i segni si sarebbero visti. Allora mi ripeteva che non valevo niente, che ero una schifezza di figlia e che avrebbe fatto meglio a non mettermi al mondo. Per me era tutto normale", ha continuato la ragazza, assistita dall'avvocata Caterina Biafora.
"Solo crescendo e confrontandomi con i miei compagni mi sono resa conto che i metodi utilizzati da mia mamma erano del tutto errati". Negli atti dell'inchiesta si leggono anche dei divieti di uscire con le amiche o di ospitarle a casa e dei controlli ossessivi. "Ha voluto la password del tablet per leggere il mio diario segreto", dice agli inquirenti. Dopo aver letto, la donna prese la testa di sua figlia e gliela sbatté sullo schermo, spaccando il vetro.
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