Nel 2005 fu diagnosticato per la
prima volta un edema della papilla oculare a un astronauta
americano al ritorno da sei mesi sulla Stazione spaziale
internazionale e il caso segnò la nascita della Sans, la
sindrome neuro-oculare associata ai voli spaziali che comporta
alterazioni del globo oculare, appiattimento del bulbo e
spostamento ipermetropico dovuti alla microgravità. In alcuni
casi, i danni alla vista sono permanenti. Per studiare il
fenomeno nasce il progetto internazionale coordinato da Torino,
con la Città della Salute e della Scienza, in collaborazione con
la Nasa e le Università di Houston, Sydney, Wellington, il
Politecnico di Torino e l'Università Bicocca di Milano.
L'obiettivo è mettere a punto un modello per identificare
soggetti a rischio e sviluppare uno stress test da fare a Terra.
Alla base dello studio c'è l'intuizione secondo cui alcune
condizioni della chirurgia laparoscopica riproducono effetti
simili a quelli che la fisologia umana sperimenta in condizioni
di microgravità. In particlare, durante gli interventi di
chirurgia laparoscopica i pazienti sono supini e inclinati in
modo che la testa sia più in basso del bacino, con alterazioni
della circolazione simili a quelle registrate in orbita.
Nella ricerca saranno coinvolti pazienti tra 40 e 75 anni,
sottoposti a chirurgia mininvasiva con durata superiore a 120
minuti. Sono previsti esami oftalmologici pre e post intervento,
e il monitoraggio della pressione oculare durante l'operazione.
I dati raccolti saranno condivisi con i centri di ricerca per
sviluppare modelli di intelligenza artificiale capaci di
analizzare la Sans e individuare fattori predittivi.
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