(di Giacomo Rizzo)
Disastro ambientale. E' uno dei
reati che il pm del Tribunale di Taranto, Mariano Buccoliero,
contesta alle 21 persone coinvolte nell'inchiesta sulle
collinette di rifiuti industriali create dall'Ilva al confine
con la gravina di Leucaspide, nel territorio di Statte, in parte
franate in una zona di particolare pregio.
Secondo la perizia redatta dall'ingegner Giuseppe Lamusta per
conto di Vito De Filippis, uno dei proprietari della tenuta
Leucaspide, nella zona protetta a ridosso della gravina
sarebbero stati sversati - dal 1995 a oggi - oltre 5 milioni di
metri cubi di rifiuti (contenenti anche berillio, pcb e
arsenico). L'avviso di conclusione delle indagini preliminari
arriva al culmine di una minuziosa attività di indagine che si
basa su diverse consulenze. Non è un'inchiesta nuova. Già nel
febbraio del 2016 furono notificati 9 avvisi di garanzia per
reati analoghi. I rifiuti - secondo l'accusa - hanno riempito la
gravina, provocando danni all'ambiente circostante e all'acqua
in falda e invadendo anche proprietà private.
Sono indagati ex rappresentanti del Cda di Ilva spa e Riva
Fire spa e del consiglio di famiglia Riva (Fabio Arturo,
Claudio, Nicola, Daniele, Cesare Federico, Angelo Massimo,
Adriano ed Emilio Massimo Riva, Laura Bottinelli e Giorgio
Silva); gli ex direttori del sito di Taranto Salvatore Ettore,
Luigi Capogrosso, Salvatore De Felice, Adolfo Buffo, Antonio
Lupoli, Ruggero Cola, l'attuale direttore Antonio Bufalini e i
dirigenti di stabilimento Renzo Tommassini, Antonio Gallicchio,
Domenico Giliberti e Alessandro Labile.
A vario titolo, vengono contestati i reati di disastro
ambientale doloso, distruzione e deturpamento di risorse
naturali, danneggiamento, getto pericoloso di cose e mancata
bonifica dei siti inquinanti. Stando alle contestazioni del pm
inquirente, gli indagati avrebbero consentito e comunque
"mantenuto, senza metterle in sicurezza, diverse discariche a
cielo aperto di rifiuti pericolosi e non pericolosi di origine
industriale situate su tutto l'argine sinistro della gravina
Leucaspide sino al limite del confine con l'azienda agricola di
proprietà della famiglia De Filippis", determinando così la
realizzazione di grandi depositi costituiti dai rifiuti dall'
altezza di oltre 30 metri sopra il piano campagna. Si tratta di
discariche prive di precauzioni - sostiene l'accusa - contro lo
spandimento di polveri pericolose per la salute, frane delle
collinette e la dispersione di percolato nella falda. A causa
delle ripetute frane dei cumuli di rifiuti, finiti in fondo alla
gravina, "è cambiata - viene contestato nel capo d'imputazione -
la morfologia della zona, sino a deviare il corso d'acqua
esistente, inquinando l'ambiente".
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