Tra gli addebiti contestati e le
conseguenze che deriverebbero dalla decadenza della presidente
Alessandra Todde, con lo scioglimento dell'intero Consiglio
regionale della Sardegna, la sproporzione è enorme. È la tesi
dei consiglieri dei gruppi del M5s e del Pd, tra i primi a
presentare i ricorsi a supporto di quello depositato dai legali
della governatrice contro l'ordinanza ingiunzione emessa dal
collegio di garanzia della Corte d'appello di Cagliari,
notificata il 3 gennaio scorso, per le irregolarità nella
rendicontazione delle spese elettorali per la campagna di
febbraio 2024.
"La decisione del collegio avrebbe conseguenze su tutti i
componenti dell'Assemblea - spiega il capogruppo pentastellato
Michele Ciusa -, dunque andrebbe a ledere anche un nostro
diritto". I ricorsi dei partiti - in via di costituzione anche
quelli di Uniti per Todde, Orizzonte Comune e Avs -, appoggiano
la linea con cui la presidente ha sollevato il conflitto di
attribuzione con lo Stato sulle norme del 1993 che regolano le
rendicontazioni delle campagne elettorali.
"Non c'è proporzione tra contestazioni avanzate e
conseguenze, non c'è rispetto del voto elettorale. Mandare a
casa l'intero Consiglio per irregolarità amministrative è
sproporzionato", ribadisce Antonio Spano, consigliere sassarese
dei dem.
Sul versante opposto, a sostegno dell'ordinanza di decadenza,
si è invece costituito lo stesso collegio di garanzia,
rappresentato non dall'avvocatura di Stato ma dal giurista
Riccardo Fercia, e la segretaria dell'organismo, Daniela
Montoni, oltre a un privato cittadino, Salvatore Corrias, di
Oliena.
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