(di Roberta Celot)
Primo maggio segnato dalle crisi
industriali nell'Isola, con il Sulcis Iglesiente che in questi
mesi sta pagando il prezzo più alto per l'impatto
sull'occupazione e il blocco degli impianti. "Ormai - commenta
amaro il segretario territoriale della Fsm Cisl, Giuseppe Masala
- non è più la Festa del lavoro, ma quasi una commemorazione
funebre. Nel silenzio, se non nell'indifferenza, stiamo
assistendo ad un lento inesorabile declino del tessuto
industriale ed economico, al quale si oppongono solo i
lavoratori".
Tante le vertenze aperte, a partire dalla Sider Alloys, con
le attività ancora bloccate a causa della sospensione
dell'autorizzazione ambientale dovuta alla mancata bonifica da
parte dell'azienda e i lavoratori costretti a casa in cassa
integrazione, che scadrà però il 4 maggio prossimo. E' crisi
anche all'Eurallumina: "Siamo ancora in attesa della firma del
Dpcm per sbloccare la ripresa e avviare quel processo che porti,
per esempio, a sviluppare iniziative legate alla cantieristica
nautica", spiega il segretario della Fsm. Sul fronte della
Portovesme srl, invece, si è fermi alle dichiarazioni del
ministro Urso del 27 dicembre scorso, quando assicurò che le
produzioni dello zinco sono strategiche per il Paese. "Allo
stato attuale, però, tutte le attività sono al minimo - denuncia
Masala -, lavora circa il 20% degli operai e tutte le aziende
hanno aperto la cassa integrazione". Infine l'Enel: "Le risposte
che attendiamo - ricorda il dirigente sindacale - sono legate
alla decarbonizzazione, ma aspettiamo di capire quali politiche
industriali si vogliono mettere in atto nel nostro polo
produttivo".
Vertenze a parte, pesa l'aumento degli infortuni sul lavoro,
anche mortali. "Ancora oggi per molte aziende la sicurezza e la
formazione continuano ad essere percepite come costi, anziché
come investimenti fondamentali per la tutela della vita umana -
commentano le sigle sindacali - È urgente un profondo
cambiamento culturale: la sicurezza deve diventare parte
integrante del lavoro quotidiano, non è accettabile morire per
lavorare".
Per questo la Cgil sollecita la Regione a dare attuazione al
Patto di Buggerru, siglato a settembre scorso per far fronte al
fenomeno delle morti bianche. "Nel 2024 in Sardegna - ricorda il
segretario regionale della sigla, Fausto Durante - non sono
tornati a casa 33 lavoratori, con una tendenza crescente che non
si arresta dal 2021, in controtendenza rispetto alla stabilità
del dato nazionale". Non solo: sempre nel 2024, l'Inail ha
certificato 12.129 denunce di infortunio sul lavoro, + 0,8%
rispetto all'anno precedente. Non va meglio nel primo bimestre
del 2025: +0,7%, pari a già 1.759 incidenti. I dati elaborati
dalla Regione relativi a gennaio-settembre 2024 registrano anche
l'incremento delle malattie professionali, con una crescita che
in Sardegna è più sensibile (+33%) rispetto alla media nazionale
(+22%).
Quella di domani sarà anche una giornata di mobilitazione per
la Cgil, impegnata con iniziative di sostegno e banchetti in
tutta l'Isola sui cinque referendum su lavoro e cittadinanza per
i quali si voterà l'8 e il 9 giugno. "Si tratta di una battaglia
particolarmente significativa in una regione - spiega il
segretario Durante - che registra un tasso di disoccupazione
dell'8,5%, superiore di due punti e mezzo rispetto al dato
nazionale, e un tasso di inattività del 36,9 per cento (33,4
quello nazionale) mentre il tasso di occupazione è 57,7%, quasi
sei punti percentuali sotto la media dell'insieme del Paese".
"Il contesto regionale - sottolinea il leader delle Cgil, che
domani sarà a Girasole - è segnato da una sostanziale esclusione
dei giovani e delle donne dal mercato del lavoro e da un ricorso
eccessivo a forme di lavoro precario, instabile, discontinuo,
sottopagato. Non a caso il dato dei neet in Sardegna è più alto
rispetto alla media italiana (17,8 per cento contro 15,2) e
cresce fra le giovani donne fino a raggiungere quota 19,2 per
cento (16,6 il dato nazionale).
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