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1 Maggio: per l'industria sarda quasi una commemorazione funebre

1 Maggio: per l'industria sarda quasi una commemorazione funebre

La politica tace sul Sulcis. Cgil in piazza per i referendum

CAGLIARI, 30 aprile 2025, 23:10

Redazione ANSA

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(di Roberta Celot) Primo maggio segnato dalle crisi industriali nell'Isola, con il Sulcis Iglesiente che in questi mesi sta pagando il prezzo più alto per l'impatto sull'occupazione e il blocco degli impianti. "Ormai - commenta amaro il segretario territoriale della Fsm Cisl, Giuseppe Masala - non è più la Festa del lavoro, ma quasi una commemorazione funebre. Nel silenzio, se non nell'indifferenza, stiamo assistendo ad un lento inesorabile declino del tessuto industriale ed economico, al quale si oppongono solo i lavoratori".
    Tante le vertenze aperte, a partire dalla Sider Alloys, con le attività ancora bloccate a causa della sospensione dell'autorizzazione ambientale dovuta alla mancata bonifica da parte dell'azienda e i lavoratori costretti a casa in cassa integrazione, che scadrà però il 4 maggio prossimo. E' crisi anche all'Eurallumina: "Siamo ancora in attesa della firma del Dpcm per sbloccare la ripresa e avviare quel processo che porti, per esempio, a sviluppare iniziative legate alla cantieristica nautica", spiega il segretario della Fsm. Sul fronte della Portovesme srl, invece, si è fermi alle dichiarazioni del ministro Urso del 27 dicembre scorso, quando assicurò che le produzioni dello zinco sono strategiche per il Paese. "Allo stato attuale, però, tutte le attività sono al minimo - denuncia Masala -, lavora circa il 20% degli operai e tutte le aziende hanno aperto la cassa integrazione". Infine l'Enel: "Le risposte che attendiamo - ricorda il dirigente sindacale - sono legate alla decarbonizzazione, ma aspettiamo di capire quali politiche industriali si vogliono mettere in atto nel nostro polo produttivo".
    Vertenze a parte, pesa l'aumento degli infortuni sul lavoro, anche mortali. "Ancora oggi per molte aziende la sicurezza e la formazione continuano ad essere percepite come costi, anziché come investimenti fondamentali per la tutela della vita umana - commentano le sigle sindacali - È urgente un profondo cambiamento culturale: la sicurezza deve diventare parte integrante del lavoro quotidiano, non è accettabile morire per lavorare".
    Per questo la Cgil sollecita la Regione a dare attuazione al Patto di Buggerru, siglato a settembre scorso per far fronte al fenomeno delle morti bianche. "Nel 2024 in Sardegna - ricorda il segretario regionale della sigla, Fausto Durante - non sono tornati a casa 33 lavoratori, con una tendenza crescente che non si arresta dal 2021, in controtendenza rispetto alla stabilità del dato nazionale". Non solo: sempre nel 2024, l'Inail ha certificato 12.129 denunce di infortunio sul lavoro, + 0,8% rispetto all'anno precedente. Non va meglio nel primo bimestre del 2025: +0,7%, pari a già 1.759 incidenti. I dati elaborati dalla Regione relativi a gennaio-settembre 2024 registrano anche l'incremento delle malattie professionali, con una crescita che in Sardegna è più sensibile (+33%) rispetto alla media nazionale (+22%).
    Quella di domani sarà anche una giornata di mobilitazione per la Cgil, impegnata con iniziative di sostegno e banchetti in tutta l'Isola sui cinque referendum su lavoro e cittadinanza per i quali si voterà l'8 e il 9 giugno. "Si tratta di una battaglia particolarmente significativa in una regione - spiega il segretario Durante - che registra un tasso di disoccupazione dell'8,5%, superiore di due punti e mezzo rispetto al dato nazionale, e un tasso di inattività del 36,9 per cento (33,4 quello nazionale) mentre il tasso di occupazione è 57,7%, quasi sei punti percentuali sotto la media dell'insieme del Paese".
    "Il contesto regionale - sottolinea il leader delle Cgil, che domani sarà a Girasole - è segnato da una sostanziale esclusione dei giovani e delle donne dal mercato del lavoro e da un ricorso eccessivo a forme di lavoro precario, instabile, discontinuo, sottopagato. Non a caso il dato dei neet in Sardegna è più alto rispetto alla media italiana (17,8 per cento contro 15,2) e cresce fra le giovani donne fino a raggiungere quota 19,2 per cento (16,6 il dato nazionale).
   

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