/ricerca/ansait/search.shtml?tag=
Mostra meno

Se hai scelto di non accettare i cookie di profilazione e tracciamento, puoi aderire all’abbonamento "Consentless" a un costo molto accessibile, oppure scegliere un altro abbonamento per accedere ad ANSA.it.

Ti invitiamo a leggere le Condizioni Generali di Servizio, la Cookie Policy e l'Informativa Privacy.

Puoi leggere tutti i titoli di ANSA.it
e 10 contenuti ogni 30 giorni
a €16,99/anno

  • Servizio equivalente a quello accessibile prestando il consenso ai cookie di profilazione pubblicitaria e tracciamento
  • Durata annuale (senza rinnovo automatico)
  • Un pop-up ti avvertirà che hai raggiunto i contenuti consentiti in 30 giorni (potrai continuare a vedere tutti i titoli del sito, ma per aprire altri contenuti dovrai attendere il successivo periodo di 30 giorni)
  • Pubblicità presente ma non profilata o gestibile mediante il pannello delle preferenze
  • Iscrizione alle Newsletter tematiche curate dalle redazioni ANSA.


Per accedere senza limiti a tutti i contenuti di ANSA.it

Scegli il piano di abbonamento più adatto alle tue esigenze.

Mafia: pentito, ero latitante a casa, ma nessuno mi cercava

Mafia: pentito, ero latitante a casa, ma nessuno mi cercava

"Eravamo tranquilli non come dopo stragi Falcone e Borsellino"

FIRENZE, 20 gennaio 2015, 12:24

Redazione ANSA

ANSACheck

"Dall'84 all'89 ero latitante, ero a casa mia, ma nessuno mi ha mai cercato". Lo ha detto Francesco Paolo Anzelmo, collaboratore di giustizia dal 1996, sentito come testimone stamani al processo per la strage del treno rapido 904 del 23 dicembre 1984, che causò la morte di 17 persone e il ferimento di altre 267. "Si camminava tranquilli per strada, non come dopo le stragi di Falcone e Borsellino", ha detto Anzelmo ricordando la fine della guerra tra le cosche e il periodo compreso tra gli anni '80 e '90.
    Prima di lui alle domande del pm Angela Pietroiusti, nel processo che vede come unico imputato Totò Riina, collegato in video conferenza dal carcere di Parma, aveva testimoniato un altro collaboratore, Calogero Ganci. Entrambi non hanno saputo rispondere al pm quando ha chiesto loro se erano a conoscenza che l'autore della strage fu Pippo Calò, già condannato all'ergastolo negli anni '90. Anzi, Anzelmo ha riferito che nel corso di un colloquio con Calò, avvenuto nel carcere di Spoleto, dove entrambi erano detenuti con il regime del 41bis, il boss di Cosa nostra, "che non si lamentava mai degli altri ergastoli, si lamentò invece di quello per la strage del treno, perché diceva di essere innocente". "Io a lui non chiesi nulla - ha concluso Anzelmo -, se è vero o non è vero a me non interessava". Secondo Ganci, che però ha spiegato di non partecipare direttamente alle riunioni della "commissione di Cosa nostra" se la strage fosse stata decisa dai boss "la decisione non poteva che essere presa all'interno della commissione. Se Calò decise, ma io non lo so vuol dire che aveva coperture". "Io però di questa strage - ha concluso Ganci - all'interno di Cosa nostra non ho mai sentito parlare".
    La prossima udienza è fissata per martedì 27 febbraio: saranno sentiti altri collaboratori di giustizia.
   

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

Da non perdere

Condividi

O utilizza