Quando, nel 2018, venne cambiato
il nome della strada in cui abita a Corleone la famiglia di Totò
Riina, da via Scorsone a via Cesare Terranova, lo Stato volle
dare un messaggio: riappropriarsi del territorio, ricordare una
vittima di Cosa nostra e "piantare la bandiera italiana fin
dentro la casa" del boss dei boss. Il senso di quella iniziativa
viene ricordato dal prefetto di Palermo del tempo, Antonella De
Miro, ora consigliera di Stato.
Con una nota ospitata dal giornale corleonese on line "Città
Nuove" l'ex prefetto risponde anche a una recente sfida del
figlio del padrino, Giuseppe Salvatore detto Salvuccio, che su
un social ha festeggiato con tanto di selfie il suo matrimonio
con una ragazza spagnola. Salvuccio Riina si presenta come
scrittore: ha pubblicato il "Riina family life", che
ricostruisce momenti di vita familiare durante la latitanza del
padre. Il post però non sarebbe un annuncio innocuo. Contiene
anche un messaggio nella parte in cui Riina jr augura: "Buon
Ferragosto a tutti voi da via Scorsone 24, 90034, Corleone". A
nessuno è sfuggito il fatto che ora quella strada è intestata al
giudice Cesare Terranova, ucciso il 25 settembre 1979 con il suo
collaboratore Lenin Mancuso. L'agguato è stato attribuito
proprio a Riina sr per le inchieste di Terranova sui corleonesi
e per il suo impegno civile contro Cosa nostra.
"Totò Riina 'u curtu' - sostiene Antonella De Miro - ha ormai
definitivamente perso la sua partita. La Prefettura e la
Commissione straordinaria, all'epoca, hanno fatto una scelta
giusta. Totò Riina aveva sputato sul giudice Cesare Terranova
nel corso di un interrogatorio. Lo Stato ha voluto rispondere a
quell'oltraggio, con un segno tangibile e permanentemente
visibile della superiorità del magistrato sul mafioso, dell'uomo
di legge sul criminale, della vittima di mafia sul carnefice".
"Scorsone - aggiunge l'ex prefetto - significa scorpione, e
Totò 'u curtu' era nato sotto il segno zodiacale dello
scorpione; il nome della strada identificava, quindi, il suo
dominio su quel territorio. Avere sostituito il nome della via
con quello del magistrato, persecutore di Cosa nostra, ha voluto
significare il riappropriarsi del territorio da parte dello
Stato anche attraverso l'uso della toponomastica, è stato come
piantare la bandiera tricolore nel comune di Corleone fin dentro
casa della famiglia Riina".
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