Non ha depositato le motivazioni
di decine di sentenze (55 delle quali emesse tra il 2021 e il
2022, cioè 4 anni fa) con il rischio prescrizione di una valanga
di reati. Un caso finito sul tavolo del consiglio giudiziario di
Palermo che ha autorizzato per una giudice della corte d'appello
una sorta di "piano di rientro": la magistrata sarà dispensata
dalle attività diverse dalla scrittura delle motivazioni finché
non smaltirà almeno l'arretrato più risalente nel tempo. Secondo
quanto accertato la magistrata, relatrice in diversi processi,
avrebbe dunque ampiamente sforato i termini massimi concessi
alle toghe per depositare le motivazioni dei provvedimenti
emessi. Un esempio per tutti: il verdetto di appello per Antonio
Ingroia, imputato di peculato. A dicembre del 2023 l'ex
magistrato, condannato in primo grado a un anno e 10 mesi, era
stato assolto dalla corte d'appello. Dal verdetto sono
trascorsi 14 mesi, molto oltre il termine di 180 giorni, che la
legge concede ai magistrati nei casi particolarmente complessi.
Senza il deposito delle motivazioni, che spiegheranno perchè
la corte, al contrario del giudice di primo grado, ha assolto
l'ex pm dall'accusa di essersi intascato illegittimamente 10
mila euro a titolo di rimborso spese nel periodo in cui
ricopriva la carica di liquidatore della società a capitale
interamente pubblico Sicilia e Servizi, la Procura generale
non potrà fare ricorso in Cassazione.
Il reato di peculato si prescrive a fine 2026, tra un anno
dunque. E difficilmente una sentenza definitiva, specie in caso
di nuovo rinvio da parte dei giudici romani alla corte
d'appello di Palermo, potrebbe arrivare in tempo. Il piano di
smaltimento, autorizzato col benestare del presidente della
sezione a cui la toga appartiene e del presidente della corte
d'appello, e risalente a novembre scorso, dovrebbe avere una
durata di sei mesi.
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