Si è alzato dal letto, aveva da poco albeggiato, e si è impiccato nel bagno della sua cella.
E' morto così un 39enne romeno detenuto nel carcere fiorentino di Sollicciano. Solo dodici ore prima era stato un detenuto d'origine nordafricana poco più che ventenne nel carcere di Prato, inalando il gas dalla bomboletta da campeggio usata per preparare il cibo, a togliersi la vita. Si allunga drammaticamente la scia dei decessi in carcere, con il 2025 che detiene il triste primato: al 15 febbraio sono già 40 i morti in cella contro i 37 dello scorso anno, nello stesso periodo.
Quest'anno i suicidi accertati sono otto, otto i decessi con cause da accertare e 24 quelli avvenuti per cause naturali.
E puntuali tornano le polemiche sul sovraffollamento nelle carceri italiane, con Irma Conti del collegio del Garante nazionale dei detenuti che sottolinea: "Non ci sono evidenze sul nesso suicidi-sovraffollamento. Su questo fenomeno c'è però da dire che 19mila detenuti (sempre tenendo conto del tipo di reato), i quali hanno pene residue fino a tre anni, sulla base della normativa potrebbero uscire dal carcere optando per misure alternative. Ma la burocrazia, la carenza di risorse e di informatizzazione al tribunale di sorveglianza creano ostacoli.
Secondo le nostre analisi la maggior parte delle persone che si sono tolte la vita in carcere erano stati autori di reati di maltrattamenti in famiglia, mentre una buona percentuale erano invece persone ristrette per misura cautelare, dunque in attesa di processo".
Le fa eco il Garante dei detenuti della Toscana Giuseppe Fanfani: "Se questo stillicidio non viene interrotto, saremo tutti complici. Questo sistema detentivo genera solo disperazione e morte. Deve essere abbattuto e dismesso. Non risponde ad alcuno dei requisiti e delle finalità previste dalla Costituzione. Non ci si suicida per caso - commenta ancora - Si sceglie di morire a trenta anni quando si è sopraffatti dalla disperazione, dalla mancanza di speranza o anche solo di una parola di conforto. In carcere manca tutto, ma manca soprattutto una prospettiva di riabilitazione e di reinserimento".
Critico con il governo Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa polizia penitenziaria: "Continua, nostro malgrado e nella sostanziale indifferenza della politica di maggioranza, la strage nelle carceri del Paese dove vige una pena di morte di fatto che colpisce random, a prescindere dall'eventuale reato commesso e indifferentemente che si sia detenuti o lavoratori. I timidi tentativi d'intervento da parte del ministro della Giustizia, Carlo Nordio e del governo Meloni si sono rivelati un placebo". Di qui le proposte: "Servono interventi immediati per deflazionare la densità detentiva, sono 16mila i reclusi oltre i posti disponibili, potenziare gli organici della Polizia penitenziaria, mancanti di più di 18mila unità, e delle altre figure professionali, ammodernare le strutture, le infrastrutture e gli equipaggiamenti e assicurare l'assistenza sanitaria. E vanno avviate riforme complessive dell'intero apparato d'esecuzione penale nell'alveo, peraltro, di una lettura della Carta costituzionale aggiornata al contesto storico-politico", conclude De Fazio.
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