Tra i giovani italiani la speranza
non è un sentimento molto diffuso, in un periodo storico segnato
da conflitti, crisi economica, incertezza sul lavoro. In
particolare, le donne sperano meno degli uomini e il Nord Est
spera meno del Sud, in generale esprimono sentimenti di speranza
nel futuro meno di un giovane italiano su due. Lo rileva una
ricerca dell'Università Cattolica per l'Osservatorio Giovani
dell'Istituto Toniolo, che ha esplorato il tema a cui è dedicato
il Giubileo 2025 voluto da Papa Francesco.
"Colpisce il fatto che circa metà dei giovani, e soprattutto
delle giovani, nutrano poca speranza proprio in una fase della
vita che dovrebbe essere ricca di progettualità, sogni, voglia
di futuro - commenta Elena Marta, professore ordinario di
Psicologia sociale e di comunità all'Università Cattolica -.
Anche perché i dati ce lo mostrano chiaramente: avere speranza
impatta sul benessere e sulla qualità della vita in generale".
La ricerca è stata condotta tra il 17 febbraio e il 3 marzo
2025 presso un campione di 2001 giovani italiani tra i 18 e i 34
anni.
Se si considera il sentirsi speranzoso in relazione all'area
di residenza emerge che i più speranzosi sono i giovani del
Nord-Ovest, anche se le variazioni sono di pochissimi punti: i
giovani che si dichiarano molto o moltissimo speranzosi sono il
47,6% nel Nord-Ovest, il 44% nel Nord -Est, il 45% al Centro e
il 46,2% al Sud e isole.
La speranza incide sul benessere, infatti chi ha livelli più
alti riporta un maggior benessere emotivo, sociale, e
psicologico oltre a una maggiore soddisfazione di vita rispetto
a chi ha livelli più bassi. Il lavoro e il volontariato incidono
su questo sentimento, infatti secondo la ricerca i lavoratori
mostrano punteggi medi superiori rispetto a chi non lavora. La
speranza risulta più elevata tra coloro che attualmente
svolgono attività di volontariato - sia continuativa sia
saltuaria - rispetto a chi non l'ha mai praticato e rispetto a
chi lo ha fatto solo in passato.
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