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Istituto Toniolo, ai giovani italiani manca la speranza

Istituto Toniolo, ai giovani italiani manca la speranza

Ricerca, meno di uno su due guarda con fiducia al futuro

MILANO, 02 maggio 2025, 11:13

Redazione ANSA

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© ANSA/EPA

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Tra i giovani italiani la speranza non è un sentimento molto diffuso, in un periodo storico segnato da conflitti, crisi economica, incertezza sul lavoro. In particolare, le donne sperano meno degli uomini e il Nord Est spera meno del Sud, in generale esprimono sentimenti di speranza nel futuro meno di un giovane italiano su due. Lo rileva una ricerca dell'Università Cattolica per l'Osservatorio Giovani dell'Istituto Toniolo, che ha esplorato il tema a cui è dedicato il Giubileo 2025 voluto da Papa Francesco.
    "Colpisce il fatto che circa metà dei giovani, e soprattutto delle giovani, nutrano poca speranza proprio in una fase della vita che dovrebbe essere ricca di progettualità, sogni, voglia di futuro - commenta Elena Marta, professore ordinario di Psicologia sociale e di comunità all'Università Cattolica -.
    Anche perché i dati ce lo mostrano chiaramente: avere speranza impatta sul benessere e sulla qualità della vita in generale".
    La ricerca è stata condotta tra il 17 febbraio e il 3 marzo 2025 presso un campione di 2001 giovani italiani tra i 18 e i 34 anni.
    Se si considera il sentirsi speranzoso in relazione all'area di residenza emerge che i più speranzosi sono i giovani del Nord-Ovest, anche se le variazioni sono di pochissimi punti: i giovani che si dichiarano molto o moltissimo speranzosi sono il 47,6% nel Nord-Ovest, il 44% nel Nord -Est, il 45% al Centro e il 46,2% al Sud e isole.
    La speranza incide sul benessere, infatti chi ha livelli più alti riporta un maggior benessere emotivo, sociale, e psicologico oltre a una maggiore soddisfazione di vita rispetto a chi ha livelli più bassi. Il lavoro e il volontariato incidono su questo sentimento, infatti secondo la ricerca i lavoratori mostrano punteggi medi superiori rispetto a chi non lavora. La speranza risulta più elevata tra coloro che attualmente svolgono attività di volontariato - sia continuativa sia saltuaria - rispetto a chi non l'ha mai praticato e rispetto a chi lo ha fatto solo in passato.
   

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