"Una Turandot senza tempo, visionaria, siderale e... bella". Così il sovrintendente del Teatro Lirico di Cagliari Mauro Meli definisce l'opera incompiuta di Giacomo Puccini, allestita con calcare e basalto della Sardegna da uno scenografo d'eccezione, Pinuccio Sciola, lo scultore delle pietre sonore.
Turandot, in scena da venerdì 27 giugno e replicata per 14 volte, si preannuncia un'opera da tutto esaurito. Il sipario sulle prove generali di uno dei capolavori assoluti della lirica, nel nuovo allestimento del Teatro Lirico di Cagliari, si apre questa sera. I costumi sono di Marco Nateri. Sul podio il giovane maestro milanese Giampaolo Bisanti.
E' il terzo titolo del cartellone di Lirica e Balletto. Sarà rappresentata nella versione originale incompiuta, interrotta al terzo atto con la morte di Liù. Cresce la curiosità tra pubblico e critica per il tocco impresso da un impianto scenico realizzato con le sculture di pietra con le loro incisioni, e che se accarezzate, emettono suoni. Si presentano con una policromia raffinata con grigi e bianchi anche abbaglianti, esaltati dalle luci di Simon Corder le scenografie curate e realizzate da Sciola, al suo debutto nella lirica. Il tutto plasmato dalla regia di Pier Francesco Maestrini.
I segni del suo intervento si intravedono ancora prima che si alzi il sipario sul palcoscenico. Nel foyer del teatro e davanti all'ingresso si staglia imperioso un grattacielo a creare un rapporto perfetto con il tessuto urbano. La Pechino di allora con le sue torri di guardia e le grandi mura della città imperiale, descritta nel libretto originario di Giuseppe Adami e Renato Simoni con l'intervento dello scultore diventa una delle tante megalopoli dei giorni nostri, con le sue brutture e bellezze, contraddizioni e caoticità. "Ho utilizzato la pietra della mia terra per attualizzare l'opera e costruire le mie sculture architettoniche che interpretano la contemporaneità della Pechino di oggi - spiega Sciola - mura di cinta, torri e grattacieli ma anche le maschere, tutto in calcare e basalto, autentico e finto, segnano i confini di una Città Proibita dove musica e arte convivono nel segno della contemporaneità, quella insita nell'opera pucciniana e quella che l'arte può e deve esprimere".
E' una città proibita che richiama le rocce della Sardegna.
Sciola ha scelto i basalti e i calcari della sua terra per ambientare le scene della storia della gelida principessa d'Oriente, attingendo ai materiali a lui più comuni della sua arte scultorea. Quelle pietre da cui l'artista del paese museo di San Sperate è riuscito perfino a tirare fuori il suono. Sono le famose pietre sonore che ha fatto conoscere al mondo. "Sul palcoscenico formano sculture architettoniche che sembrano quasi poter risuonare all'unisono con le note dell'opera", conclude l'artista sardo.
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