I grandi successi? Ci saranno, ovvio. Ma non sarà uno dei quei concerti da greatest hit ai quali siamo ormai abituati. Zucchero, che stasera debutta a Verona con il Black Cat World Tour (10+1 date all'Arena, sei già sold out, prima di partire per l'Europa e poi con l'anno nuovo per il resto del mondo, compresi per la prima volta Giappone e Nuova Zelanda) ritorna un po' al passato, alle tradizioni musicali degli anni Settanta e Ottanta, quando i tour servivano a promuovere le ultime produzioni. Ritorna al passato anche con una scenografia che ha voluto un po' vintage, un po' teatrale, "soprattutto fisica, da toccare. Senza troppa tecnologia", spiega "Sugar" poco prima di andare in scena. Tre i capitoli in cui è diviso lo show. Il primo dedicato totalmente ai brani di Black Cat "nello stesso ordine del disco, perché quando l'ho pensato ero già proiettato sui live. Il secondo capitolo parte da Chocabeck (del 2010, ndr), album che è tra i miei preferiti, per poi deviare verso la fine ai brani più vecchi anche quelli che non faccio da una vita come Iruben me e Madre dolcissima". La divisione in capitoli, spiega ancora il cantautore, è un omaggio a Quentin Tarantino, che divide i suoi film in capitoli. Ma l'influenza del cinema ("anche 12 anni schiavo mi è stato d'ispirazione") è anche nella costruzione dei contributi video che accompagnano le canzoni: "vanno visti tutti insieme, come un minifilm. Ogni clip porta alla successiva".
Scaletta corposa, con 31 brani (e qualche ospite a sorpresa, ancora da scoprire), ma non immutabile. "Abbiamo pronti una quarantina di pezzi. E ogni sera 2-3 cambieranno". Non ci sarà Donne ("sempre che non lo vogliano sentire per forza") perché "ormai non sono più un ragazzino e mi sento un po' fuori luogo a cantare a 60 anni Donne du du du... I successi ci sono, ma sul palco devo divertirmi anche io. Non arrivo a fare come Bob Dylan che rende quasi irriconoscibili i suoi brani dal vivo, ma almeno fatemi godere l'ultimo album", chiede ai fan. Ad attenderlo, nelle undici serate - le uniche in Italia, per ora, dove dovrebbe tornare per l'estate 2017 -, saranno oltre 110 mila (un terzo dell'incasso dell'Arena di quest'anno). Due volte lo stadio Olimpico a Roma o quello di San Siro a Milano. "Ma qui mi sento bene, mi sento parte di questo posto, forse perché sono un po' antico anche io - scherza -. Certo, sei date di fila non le ho mai fatte...". Ma non sembra davvero preoccupato, anche perché al suo fianco ha chiamato a supportarlo una band di tredici elementi ("una superband internazionale", a forte presenza femminile) da far venire i brividi. A partire da Brian Auger, il quale avrà uno spazio tutto suo ("avevo voglia di sentire un Hammond per come va suonato. Lui è una living legend"), per passare poi a Kat Dyson, Polo Jones, Doug Pettibone, Queen Cora Dunham, Nicola Peruch, Adriano Molinari, Mario Schilirò, Andrea Whitt, Tonya Boyd Cannon, James Thompsonm Lazaro Amauri Oviedo Dilout e Carlos Minoso. "Sono tanti e in qualche momento devono sapersi dosare, ma alcuni sono arrivati da poco e certe cose vengono con il tempo. Ma sono molto soddisfatto". E Zucchero fa bene ad esserlo perché il suono che restituiscono ai suoi brani esalta e riempie.
Per il futuro, il cantautore emiliano trapianto in Toscana (che spera in "una rivoluzione pacifica perché non si può restare così. Nessuno si indigna più. Forse dovremo cominciare ad allevare dei partigiani da piccoli"), dice di avere già un piano B pronto per quando sarà stufo di questa vita: "Ho quasi finito la House of Blues a Pontremoli, nella mia proprietà. Ho avuto da Dan Aykroyd e da Jim Belushi il via libera a poter usare il logo in Italia, perché sono 'un fratello del blues'.
L'obiettivo per la mia vecchiaia sarà la diffusione del blues in Italia".
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