Una scelta di continuità, di speranza. I tamburelli hanno vibrato sulle note della pizzica salentina, ieri sera, per la registrazione del concertone della Notte della Taranta, senza pubblico per via delle misure anti-covid. Non così forte come in passato, quando in centinaia di migliaia hanno affollato la piazza di Melpignano. Non come in futuro, è stato l'auspicio di tutti: "L'anno prossimo si tornerà a ballare".
Nella sua 23esima edizione, la Taranta si è trasformata in un racconto. In uno show teatrale, poetico, dai toni meno dirompenti del solito. Ma comunque, per onorare una tradizione ormai consolidata, la grande notte salentina è andata in scena: su un palco largo e basso. In una cornice di barocco e luminarie di paese. Sotto uno spicchio di luna sottile. Lo spettacolo andrà in onda su Rai 2 alle 22.50, il 28 agosto. La cittadina che conta poche migliaia di abitanti, in provincia di Lecce, ieri sera, per le registrazioni, era blindata. Inaccessibile.
Erano state disposte rigide misure per evitare assembramenti, con i necessari accorgimenti anche in chiave anti-terrorismo.
Blocchi in cemento alle entrate del paese, nessuna possibilità di entrare.
A fare da scenografia, come sempre, l'ex Convento degli Agostiniani, accessibile soltanto agli addetti ai lavori.
La musica è stata quella di sempre, travolgente e inebriante come nelle 22 edizioni precedenti che hanno accolto di volta in volta un fiume di spettatori danzanti.
Il narratore scelto dalla Fondazione La Notte della Taranta e dal maestro concertatore Paolo Buonvino, l'attore pugliese Sergio Rubini, ha fatto da collante tra i vari momenti di musica e ballo. Tre i super ospiti: Mahmood, Diodato e Gianna Nannini.
Il primo ha scelto una canzone in arabo, un ricordo d'infanzia che lo lega alle sue origini e al rapporto con il padre. Sulle sonorità esotiche, il giro di pizzica ha lanciato un messaggio: nella musica non ci sono divisioni, schemi, barriere. Diodato, ha intonato invece un classico del repertorio salentino: Beddhra Ci Dormi, canto d'amore melodico e struggente che l'artista salentino ha voluto interpretare come un incitamento al risveglio di una terra dalle infinite potenzialità. Una certezza, l'anima rock di Gianna Nannini, esplosiva con la sua "Fimmene Fimmene", un grido di lotta delle donne di un tempo che lavoravano nei campi di tabacco. Donne che riuscirono a lottare per i propri diritti.
La parola d'ordine dell'edizione 2020 della Taranta è stata "incontro". Un incontro di suoni evidenziato anche dalla scelta minimalista dello scenografo Giancarlo Sforza che ha sostituito il palco pop con uno più lirico, teatrale che richiama il tamburello.
Contaminazione riuscita, anche quella voluta dal maestro Buonvino che ha accostato le sonorità dell'Orchestra Popolare e l'Orchestra Roma Sinfonietta. Un abbraccio insolito ma efficace, per lanciare un solo messaggio: "Abbattiamo muri, costruiamo ponti".
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