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Pavone, io tra i musicarelli e Togliatti

Pavone, io tra i musicarelli e Togliatti

La cantante tra i protagonisti di Nessuno ci può giudicare

ROMA, 11 giugno 2017, 17:17

Francesco Gallo

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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"Togliatti era un mio ammiratore. Una simpatia, la sua, che mi creò problemi per un viaggio negli Usa. Mi chiamarono all'ambasciata per il visto e mi chiesero se fossi comunista. Dovettero intervenire i miei genitori,che votavano Dc, per chiarire tutto". Cosi' Rita Pavone, una delle protagoniste di 'Nessuno ci può giudicare' di Steve Della Casa e Chiara Ronchini, passato al Torino Film Festival e ora in sala con l'Istituto Luce, parla di questo documentario che racconta di un fenomeno: i cosiddetti 'musicarelli'. Ovvero film, realizzati spesso in sole due settimane, che nascevano intorno a una canzone di successo e avevano come protagonisti artisti pop del momento come Caterina Caselli, Celentano, Mina, Dallara e Morandi.

Un fenomeno quello dei 'musicarelli', dai titoli come 'Una lacrima sul viso' o 'Non son degno di te', durato dal '58 al '67 e dalle uova d'oro dal punto di vista del box office: alcuni film incassarono ben due miliardi di lire e aiutarono a salvare produttori del calibro di Goffredo Lombardo della Titanus che si era rovinato con Il gattopardo. Tra interviste a protagonisti di quell'epoca e brani di repertorio, il documentario ci porta fin dentro quell'Italia del secondo dopoguerra e del miracolo economico. Un paese che iniziava lentamente a cambiare, influenzato dalla musica e dalla cultura anglosassone e dalla rivoluzione beat, anticipatrice del '68. "Quando sono venuto in Italia - dice Shel Shapiro, ex leader dei Rokes - il vostro era un paese che vestiva in bianco e nero. Noi abbiamo portato il colore".

E ancora Shapiro: "C'era molta innocenza, quello che forse non siamo riusciti a fare è stato conservarla. Per me esistono degli anni '60 che finiscono l'11 dicembre 1969, ma poi ci sono altri anni '60 che si chiudono con il 2 agosto 1980, con quella atroce strage a Bologna. Oggi credo che l'Italia - e io sono e mi sento italiano - ha un grosso problema, quello di fare i conti col proprio passato, e da lì viene l'incapacità di intraprendere con coerenza, con logica, con etica, un sentiero verso il futuro".

Tra interviste inedite, oltre che alla Pavone, a Caterina Caselli, Shapiro, Mal, Ricky Gianco, Gianni Pettenati, Piero Vivarelli e Massimo Scarafoni, e spezzoni di film, Steve Della Casa ci porta fino a quel 1968 con l'avvento del cantautorato che spense, di botto, il successo di molti cantanti pop. "Soffrii molto all'epoca - dice la Pavone -, ma non mi sembrava giusto fare la cantante impegnata una volta che avevo avuto successo e guadagnato tanti soldi. Eppure quella realtà la conoscevo bene, mio padre era un operaio Fiat". E ancora la Pavone: "Io e Morandi, che venivamo da famiglie dignitosamente povere, ci ritrovammo allora sballati nel mezzo di tutto questo, non essendo ne' carne ne' pesce". Spiega, infine, Steve Della Casa: "I 'musicarelli' li vedevo all'epoca. Facevano parte di quella subcultura anche in qualche modo rivoluzionaria che ci ha traghettato fino al '68. Dentro c'era quella cultura giovanile, di rottura, rispetto a quella precedente che allora cambiò l'Italia".

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