(ANSA) - ROMA, 14 OTT -Tormentato e maledetto fino all'ultimo, il grande Caravaggio. Tanto da morire vittima di una congiura, anzi, di un omicidio di Stato. Assassinato nel buio di una galera come in uno dei suoi incubi peggiori, quelli che resero più neri del nero gli ultimi mesi, che lo portarono a ritrarsi morto in uno dei suoi ultimi capolavori, il volto tumefatto prestato alla testa mozzata del Golia.
In anteprima il 18 ottobre alla Festa del Cinema di Roma, poi in sala dal 3 novembre con 01, accoglie una delle ipotesi più controverse e nello stesso tempo più suggestive sulla morte del genio lombardo L'OMBRA DI CARAVAGGIO, il film di Michele Placido con Riccardo Scamarcio nei panni del "pittore eccelso" amato e odiato dai suoi contemporanei, star assoluta dei nostri tempi, capace di richiamare le folle con la vitalità della sua pittura, ma anche di sedurle col fascino tenebroso di una vita complicata, devastante, sempre sopra le righe.
Di certo c'è che una tomba di Caravaggio non è mai esistita, almeno prima del controverso ritrovamento nel 2010 delle ossa attribuite al pittore dall'equipe guidata da Silvano Vinceti. Né, che si sappia, c'è mai stato un funerale. Come misteriose restano le cause di quella morte solitaria: i biografi antichi sono vaghi, c'è chi parla di febbri, chi di malaria, chi si limita a indicare una generica malattia. Pacelli, pur riconoscendo di non avere una certezza documentale, si era fatto un'altra idea.
Secondo lui Caravaggio è stato ucciso nel castello di Palo, a pochi chilometri da Civitavecchia, su iniziativa dell'Ordine di Malta ma con il tacito assenso della Curia romana. Il suo corpo è stato fatto sparire, probabilmente in mare, per poi far circolare notizie non vere sulla sua fuga in Toscana.
Fin qui la storia tratteggiata da fonti, lettere e documenti. Una storia che non quadra, sosteneva Pacelli. A cominciare dal fatto che tra Palo, dove sicuramente Caravaggio è approdato (c'è la prova del suo arresto nella località feudo degli Orsini) e Porto Ercole, dove il pittore sarebbe giunto 'a piedi', ci sono almeno cento chilometri, "allora disseminati di paludi". Il sospetto, invece, è che Porto Ercole, allora in mano agli spagnoli, sia stato stato "scelto" come luogo della morte "per allontanare il più possibile da Roma" la scomparsa di un personaggio così noto e ingombrante. Tanto più, notava lo studioso, che uno dei suoi biografi contemporanei, il medico Giulio Mancini, scrive che il pittore è morto a Civitavecchia, "ma su quel documento il termine è cancellato e poi da altri corretto in Porto Ercole". Mancini parla anche di morte "violenta", argomenta Pacelli, così come Francesco Bolvito bibliotecario dei Teatini, che nel 1630 scrive che "il pittore è morto assassinato".
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