Al termine di una maratona che non ha
precedenti, almeno in Italia, e che ha visto affollare ogni fine
settimana le sale della Casa del Cinema di Roma per la
presentazione di tutti gli episodi della saga di "Heimat", il
suo autore Edgar Reitz, figura storica del cinema tedesco, ha
voluto condividere con il suo pubblico i festeggiamenti per i
suoi 90 anni (è nato il 1 novembre 1932), la soddisfazione per
il restauro in 4K di "Heimat 2" e quelli per la sua
autobiografia, da poco uscita nelle librerie tedesche.
Grazie all'impegno del suo distributore italiano Viggo che
adesso presenta "Heimat 2" e ha i diritti di tutta la trilogia,
del Goethe-Institut, di Casa del Cinema, Reitz è stato
protagonista di una masterclass in compagnia dei due
protagonisti delle ultime due parti della saga, Henry Arnold e
Salome Kammer (che nella vita è diventata la moglie
dell'autore). Fermato all'ultimo momento a Monaco da una
tempesta di neve, Reitz ha risposto in video-collegamento alle
domande dello storico del cinema Giovanni Spagnoletti e a quelle
dei suoi spettatori che a oltre 35 anni dalla prima proiezione
mostrano la stessa passione simbiotica con la storia della
famiglia Simon.
Reitz ha chiarito la genesi dell'opera in cui si è
identificato dopo le folgoranti apparizioni al tempo del Nuovo
cinema tedesco seguite dal disastro economico de "Il sarto di
Ulm" (1978). "A quell'epoca - ha detto - ero entrato in una
crisi profonda e pensavo di dover chiudere con il cinema. Ebbi
la fortuna che la televisione tedesca conoscesse un periodo di
grande attenzione per il lavoro dei cineasti puri. Allora il
genere conosciuto come 'heimat film', ovvero storie kitsch sulla
provincia tedesca, andava di moda e potevo sfruttare il filone
adattandolo alla mia visione. Per me la parola 'heimat' si
dovrebbe tradurre come 'appartenenza', memoria - spesso anche
dolorosa - della terra natia, della piccola patria che ciascuno
si porta dentro. Nel tempo questo concetto si è trasformato,
oggi appartiene a tutti coloro che vengono sradicati dal luogo
d'origine con cui però mantengono un legame profondo. Così, anno
dopo anno, la storia di una singola famiglia è diventata la
fotografia della mia Germania".
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