Rifondare il mondo per renderlo migliore grazie a nuove regole è stato sempre il sogno di ogni utopista, di ogni rivoluzionario. È quello che accade anche negli anni Trenta nell'isola di Floreana, nell'arcipelago delle Galàpagos, come racconta 'Eden' di Ron Howard, quando il dottor Friedrich Ritter (Jude Law) e sua moglie Dora Strauch (Vanessa Kirby) si rifugiano lì in fuga dalla Germania nel 1929. A loro si uniranno poi, grazie alla loro fama, altri pionieri come Margaret (Syndey Sweeney) e Heinz Wittmer (Daniel Brühl), ammiratori di Ritter e, infine, quattro personaggi: la baronessa Eloise Bosquet de Wagner Wehrhorn (Ana de Armas), che ha come velleitario progetto di costruire nell'isola un resort per milionari, accompagnata da due suoi amanti e da un servitore ecuadoriano. L'idea di questo piccolo variopinto drappello era appunto di rifondare un nuovo mondo migliore di quello da cui si era fuggiti, ma la loro impresa, dopo molti tentativi, fallisce miseramente. Questo il plot di 'Eden', già apertura del Torino Film Festival e ora in sala dal 10 aprile con 01.
"Ho conosciuto questa storia quindici anni fa durante una vacanza alle Galapagos e ne sono stato totalmente affascinato - ha detto Ron Howard -. E ho subito pensato che sarebbe potuto benissimo essere un soggetto di Herzog o di Terrence Malick e poi l'idea di fuggire dalla società è molto pertinente al mondo d'oggi. Ed è infine molto bello che già negli anni Trenta ci siano state persone in fuga che avevano voglia di reinventarsi". Ma per Ron Howard, regista e produttore cinematografico americano, questo fallimento del dottor Friedrich Ritter non esclude del tutto la speranza. "Bisogna credere nel futuro, nella famiglia, con tutto ciò che questo comporta. Oggi - ha proseguito il regista - ci troviamo a vivere una trasformazione che ha a che vedere con la tecnologia. È come se la Rivoluzione industriale si moltiplicasse per dieci e non sappiamo più cosa credere. Ma se ci confrontiamo gli uni gli altri, senza cercare soluzioni facili come trovare un'isola deserta e crediamo nel potere degli affetti, forse ci salviamo". Di positivo, dice ancora, c'è che quell'isola "la stessa di Darwin e della sopravvivenza del più forte, rappresenta una vera sfida e un esempio perché oggi le persone sono riuscite a colonizzarla, hanno insomma trovato un modo di collaborare e renderla abitabile". E conclude il regista nato a Duncan (Oklahoma) il 1 marzo 1954: "Questo film ci mette comunque in guardia sulle scelte da fare, ora tocca a noi".
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