SILVIA DAI PRA', 'SENZA SALUTARE
NESSUNO', (LATERZA, PAG. 160, 16 EURO) - Le conseguenze della
violenza taciuta tracciano solchi in cui la storia si annida,
intrecciandosi al destino delle famiglie. Ma non sempre la
memoria storica e quella familiare coincidono come racconta
Silvia Dai Pra' che in "Senza salutare nessuno. Un ritorno ad
Istria", il suo terzo romanzo edito da Laterza, ci restituisce
con piglio lieve e a tratti post-adolescenziale una tragedia
personale che è un pezzo di storia: quella del Paese di nonna
Iole, istriana d'origine.
Silvia è poco più che 20enne quando l'ex Jugoslavia è teatro di
truci stermini, l'esito del collasso di lunghe lotte intestine,
ed è ancora una studentessa di lettere quando decide di partire
come volontaria per la Bosnia; quel viaggio è il pretesto per
riannodarsi alle proprie radici istriane lungo le tappe a
ritroso di una triste storia che parte dal disfacimento del
regno di Tito fino alla vicenda di Romeo Martini, nato
Martinchich, il suo bisnonno infoibato. Chi era e perché è
finito nella foiba di Vines?
Inizia qui il percorso sulle tracce della sciagura taciuta che è
all'origine dei quei lunghi pianti inspiegabili di nonna Iole,
sparita quando Silvia aveva solo 11 anni, lasciandosi dietro un
biglietto: "non mi salutate nessuno".
Un padre comunista, l'altra nonna - materna - ex partigiana e
sullo sfondo la città di Massa, medaglia d'oro alla Resistenza.
Silvia cresce lungo la linea gotica, ha la tessera dei Giovani
Comunisti e fuma Diana Blu quando sente per la prima volta
urlare: "E allora le foibe?", slogan preso a prestito da
formazioni neofasciste alla fine degli anni Novanta.
L'aveva già sentita pronunciare quella parola ma sottovoce, un
balbettio servito dalla signora Mercedes insieme a un sorso di
rakjia. La vecchietta le aveva detto che "erano tanto ricchi…" i
suoi nonni quando furono costretti a scappare, nel '43,
lasciandosi dietro ogni ricchezza.
Un genogramma spezzato, questo il termine tecnico indicato dalla
terapista a Silvia che, mentre porta in grembo la sua bimba,
comprende che per ricostruirlo dovrà portare avanti un'indagine
lunga due anni, tra archivi distrutti, foto, interviste rubate e
lettere strappate.
Il risultato è in questo libro che spezza il tempo del silenzio,
necessario per continuare a vivere, e segna quello della
ricostruzione.
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