(di Paolo Petroni)
L'opera, i versi di Charles
Baudelaire ''sono il perno attorno cui ruota la poesia per
diventare moderna'', e queste parole di Michel Butor appaiono
esemplari mentre si celebrano il 9 aprile i duecento anni dalla
nascita nel 1821 dell'autore dei 'Fiori del male', che sempre
sottolineò l'importanza e il ruolo dell'intelligenza, della
ragione nella creazione artistica, rompendo definitivamente con
l'idea romantica del poeta ispirato e inconsapevole. Per
Baudelaire la poesia è nell'immaginazione, nella percezione
armoniosa e capace di decifrare il caos dell'universo, e ne
rivendica con forza la sua specificità, non solo linguistica, di
scrittura, che la distingue dalle altre forme d'arte.
La poetica dei 'Fiori' esercitò subito
un'influenza notevole sui parnassiani e sulla scuola simbolista,
avendo quindi grande suggestione su Verlaine, Mallarmé, Rimbaud
e su tutta la successiva poesia francese ed europea, fino al
surrealismo.
''Tutto è incanto, musica, sensualità astratta e potente''
scrisse Paul Valery dei versi dei 'Fiori', componimenti che
danno sostanza agli slanci verso ideali assoluti di bellezza,
alle rivolte, ai rinnegamenti, alle evasioni nelle illusioni del
piacere e del vizio, dell'autoesaltazione, del sogno e della
morte, sottendendo una sorta di senso di colpa legato a una
lucida coscienza del peccato, con un sogno di una purificazione
liberatoria.
La sua modernità è allora nel sapersi aprire a tutti gli
aspetti dell'esistenza, i più puri e i più perversi e malati;
essere espressione potente e intima assieme del proprio tempo,
seducente e pericolosa, rispecchiando la solitudine e l'angoscia
dell'uomo moderno, la noia, lo spleen esistenziale di chi
sensualmente ama la vita e assieme, da disadattato, ne vive sino
in fondo le contraddizioni, se ne sente escluso, messo ai
margini. Non a caso Baudelaire è anche visto come il primo
grande cantore della dimensione urbana (basti pensare alla
sezione 'Quadri parigini' dei 'Fiori'), nella moderna realtà
della rivoluzione borghese industriale, nell'oppressione di un
potere, quello di Napoleone III, seguito alla fiammata dei moti
del '48, cui Baudelaire prese parte.
E' per questo, per tanta contraddittoria e intensa verità di
vita, che la prima edizione dei 'Fiori del male' (100 poesie
divise in cinque sezioni, che nelle edizioni future diverranno
135 in sei sezioni), nel giugno 1857 rimase in vendita pochi
giorni, quindi, sequestrata, subì un processo per oscenità che
lo costrinse a cancellare sei componimenti a seguito dell'accusa
sostenuta da Ernest Pinard, il pubblico ministero che mesi prima
aveva pronunciato analoga requisitoria contro 'Madamne Bovary'
di Flaubert. Il poeta aveva vanamente chiesto che la raccolta
fosse ''giudicata nel suo insieme, perché solo così se ne
sarebbe colta la terribile, assoluta moralità''.
Nato a Parigi appunto nel 1821, Baudelaire, orfano di padre a
sei anni, si trovò ad avere a che fare col nuovo marito della
madre, un militare che non sopportava la sua vita sregolata e
bohemiene, così che lo spedì nelle Indie per un viaggio di quasi
un anno. Al suo ritorno, maggiorenne, entrò in possesso
dell'eredità paterna, ma sempre la madre che, visto il suo amore
per alcol e droghe e debiti, non voleva la sperperasse, lo fece
interdire assegnandoli un modestissimo mensile, per cui cadde in
una profonda depressione e ebbe gravi preoccupazioni di
sopravvivenza tutta la vita. Nel 1860 escono gli scritti de 'I
paradisi artificiali' ed è il periodo in cui ha i primi attacchi
del suo male. Amareggiato per le ostilità che sente nei propri
confronti in patria, nonostante amicizia e solidarietà di
personaggi che vanno da Hugo a Courbet, decide di trasferirsi a
Bruxelles, dove nel 1966 è colpito da una paresi. E' l'inizio di
una agonia che lo priva della parola e lo farà morire il 31
agosto 1867, tra le braccia della madre, che lo ha riportato a
Parigi. Per Eric Auerbach, ''fu il primo a esprimere in modo
sublime argomenti che non sembravano consoni a tale forma'',
tanto che i suoi lettori - come scrive Giuseppe Montesano che ha
dedicato anni tradurlo e capirlo e ha appena pubblicato
'Baudelaire è vivo' (Giunti, pp. 1300 - 28,00 euro) , complessa
e affascinate introduzione a ogni poesia dei 'Fiori del male' -
si sono sentiti ''offesi da queste esagerazioni, che sono più
irritanti perché l'autore le avvolge in versi pretenziosi. Ma
sul serio questo Baudelaire pensa che la Poesia debba raccontare
la realtà? E i poveri e i capitalisti che cosa c'entrano con i
versi e con le rime? E a colmare la misura dell'assurdità, ecco
che in mezzo al sangue e al buio sbocciano il lusso, la calma,
l'ordine, la bellezza, la voluttà!'', tutte ''scritte in una
lingua doppia, una lingua che nasconde sotto la corazza
abbagliante delle immagini, le verità che non si possono
pronunciare''.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA