Se il tema di questo
FestivalFilosofia è la parola, questo vuol dire che si parla di
logos certo, ma in un contesto che è quello della comunicazione,
che naturalmente può avvenire anche attraverso segni o simboli.
Così Barbara Carnevali, docente di Estetica sociale all'Ehess di
Parigi e membro del Comitato direttivo del Festival, affronta il
tema del logos, del marchio, ''parola immagine onnipresente nel
nostro paesaggio visivo''. E come per la parola il discorso è
quello della formazione dell'identità, in questo caso
collettiva.
''Il logo vive di due tensioni contrapposte - spiega - da un
lato la parola che si fa marchio come nel caso di Google
dall'altro un'immagine che si fa parola, come nel caso del baffo
della Nike''. Per questo il logo è parte sostanziale della
cultura contemporanea, ''grazie alla sua forza retorica e la
capacità di creare emozioni, così da essere utile per capire il
rapporto tra economia e estetica, bisogni materiali e bisogni
emotivi, capitalismo e arti minori come la grafica e la
pubblicità''. E tutto questo, la sintesi tra parola e immagine,
si deve a un'arte estremamente significativa del nostro tempo,
la grafica, che ''attraverso la stilizzazione crea un'identità
che poi si carica di associazioni e ricordi e desideri legati,
per esempio, all'immagine di una mela che rimanda subito
all'azienda che ne ha fatto il suo simbolo o, più semplicemente,
come la M della metro''.
Carnevali quindi spiega e mette in guardia: ''per riuscire a
governare gli effetti negativi e usarne consapevolmente i poteri
bisogna assolutamente indagarne a fondo i fondamenti psicologici
e estetici, anche per intervenire se questi proponessero
comunicazioni e contenuti in contrasto con i valori di una
collettività, anche perché non abbia ragione l'assolutismo del
motto 'No logo' di Naomi Klein''. E quindi ricorda che le radici
dei loghi sono comunque nella storia antica dei simboli, a
cominciare dai geroglifici e gli ideogrammi per arrivare ai
blasoni araldici e poi alle sperimentazioni delle avanguardie
primo novecento, come i futuristi''.
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