(di Laura Valentini)
LUDOVICA ELDER 'I VESTITI DELLA
DOMENICA' (PIEMME EDIZIONI, PP 512, 20 EURO) - Un lembo
d'Italia salita alla ribalta della storia con i movimenti
irridentisti e dipinta a cavallo tra la dominazione asburgica e
l'avvento del fascismo: Trieste e le colline del Carso che
guardano dall'alto il golfo aperto di fronte alla città sul mare
Adriatico. E' lo scenario della saga familiare al centro di 'I
vestiti della domenica' di Ludovica Elder, scrittrice milanese
di adozione ma nata a Monfalcone (Gorizia), al suo esordio con
questo libro che riscopre attraverso le vicende di vari
personaggi, ricchi e borghesi, proletari e contadini,
l'intreccio narrativo del romanzo classico. Al centro della
storia gli Stefàncich, che con i profitti di una impresa di
trasporti, creata dal padre del protagonista, Vittorio, sono
diventati, quasi improvvisamente, possidenti. "Così avevano
comprato altre terre, ingrandito e abbellito la casa, rinnovato
la stalla, investito ancora nei trasporti ormai indispensabili
al porto e al cantiere navale, vera nuova ricchezza del posto.
Vittorio era il primo figlio, il maschio, l'erede. Il primo
della famiglia a studiare con il maestro a casa, il primo a
essere vestito con abiti eleganti non solo la domenica".
Vittorio, arruolato nella regia marina asburgica, quando
l'Italia scende in guerra contro l'Austria trova il coraggio di
disertare e entrare nell'esercito italiano, un grave rischio
visto che se catturato rischia la fucilazione: invece dimostra
enorme coraggio e viene congedato dalla grande guerra con onore.
Torna a casa e nonostante sembra soffrire di quello che oggi si
chiamerebbe disturbo da stress post-traumatico, una patologia di
molti reduci di guerra, scopre il brivido dell'uomo d'affari
entrando nell'azienda paterna. E' così che conosce Antonia
Pàhor, dalla cui casa "sull'altopiano del Carso, si poteva
vedere il mare". Italiani che, come osserva Elder, conoscevano
una lingua in più, quella slovena. Riceve l'educazione da figlia
di proprietari di vigne, abbienti ma non ricchi e viene mandata
a fare le scuole che oggi chiameremmo superiori a Trieste: di
cui presto comincia a amare "il mare, i palazzi, la gente" e
anche "la bora sebbene in città sembrasse più capricciosa di
quanto non fosse sul Carso". Se tra i belli, giovani e di
famiglia agiata figura anche un amico di Vittorio, Giacomo
Ledri, non tutti sono anche buoni e generosi. Giacomo
innanzitutto che, preda di una insana voglia di fare carriera,
sceglierà la via della politica più opportunista, diventando un
piccolo notabile fascista: con un futuro di parlamentare che
costruisce con minuziosa abilità. Oppure Rosalba che per aiutare
la famiglia va "a servizio" proprio dai Pahor, non perdonando
loro l'affabilità che le dimostrano nonostante la sua posizione
socialmente inferiore: trova ipocrita quei sorrisi, sente che
rimarcano il fatto che da compagna di scuola di Antonia sia
diventata la cameriera di casa.
Destini personali che si intrecciano alla storia d'Italia
rendendo ancora più evidente che la presa del potere da parte
del fascismo in tante città e paesi ebbe luogo solo per la
mancata opposizione di chi non aveva direttive chiare. In molti
casi non si arrivo' nemmeno a un confronto violento tra fascisti
e l'allora 'guardia regia'. Ed ecco come il 28 ottobre 1922,
mentre Roma era stata dichiarata sotto assedio, "a Trieste
squadre di fascisti armati percorrevano via Dante diretti verso
la prefettura per occuparla" e "a Monfalcone il palazzo del
municipio e dell'ufficio postale vennero presi dai fascisti
locali, senza fatica, senza bisogno di violenza". Il romanzo si
interrompe quando ancora il regime non si è consolidato, con i
personaggi ritratti felici, tristi, timorosi o fiduciosi nel
futuro prima che la mancanza di libertà, la dittatura e infine
la guerra influiranno sulle loro vite.
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