Un dramma su quanto l' amore può essere pericoloso che è anche lo specchio di questi anni terribili funestati da una pandemia non ancora conclusa e dalla guerra che sta martoriando l' Ucraina. E' carica di significati emotivi la messa in scena di Turandot che l' Opera di Roma propone dal 22 al 31 marzo con la direttrice ucraina Oksana Lyniv sul podio e la regia dell' artista dissidente cinese Ai Weiwei, che firma anche scene, costumi e video. Il capolavoro sarà eseguito come lo scrisse l' autore, con l' ultima scena conclusa dal suicidio di Liù e senza il finale aggiunto dopo la morte del compositore da Franco Alfano, sul quale le divisioni non si sono mai esaurite. La presenza di Lyniv, e di altri due cantanti ucraini - il soprano Oksana Dyka e il baritono Andrii Ganchuk - ha ovviamente catalizzato la presentazione dello spettacolo. ''E' un tempo particolare per tutti noi - ha detto il sovrintendente Francesco Giambrone, ricordando che la produzione era stata prevista per il 2019 e poi sospesa a causa del lockdown -. Alla pandemia abbiamo reagito, ora la guerra ha sconvolto il mondo e tutti noi. Questa produzione fa I conti con quello che abbiamo intorno. Il mondo ci sta mostrando un orrore che si ripete''. Per Giambrone, quindi, ''non poteva esserci scelta migliore di Ai Weiwei per farci leggere quanto accade. La guerra sta toccando anche I teatri ucraini e noi dobbiamo far sentire la nostra vicinanza agli artisti, a cominciare da Oksana Lyniv''. Il teatro di Odessa, dove la direttrice ha eseguito per la prima volta Turandot sette anni fa - ha osservato - è protetto dalle barricate come avvenne nel 1941 e ieri il teatro di Mariupol che dava rifugio a tante persone con bambini è stato bombardato. La volontà di eseguire l' opera lasciata incompiuta vuole testimoniare il ''profondo rispetto per Puccini che non sapeva come concluderla'', ha detto il direttore artistico Alessio Vlad, lasciando il finale aperto.
Oksana Lyniv parla di Turandot come di un' opera dalle immagini ''forti e toccanti in una circostanza difficile come quella che stiamo vivendo. Un artista non è solo un professionista ma ha anche una funzione sociale. Durante le prove c' è stata una sintonia assoluta con I musicisti, il cast e le maestranze''.
La direttrice d' orchestra considera un onore lavorare con Ai Weiwei a questo capolavoro del Ventesimo secolo dalla musica modernissima. ''Con lui si è creata una combinazione perfetta, il suo apporto visivo ha un impatto straordinario. Turandot è per me un'opera dal grande valore simbolico. Con la sua ultima opera, Puccini, il più grande compositore italiano del Novecento, più che dare risposte, ci pone delle domande, è un dubbio sospeso, come la realtà che stiamo vivendo. Attraverso Turandot desidero farmi interprete del messaggio che Puccini ha voluto lasciare ai posteri negli ultimi istanti della sua vita, e cioè che l'amore alla fine è quel che conta più di ogni altra cosa". Presenza centrale dell' opera, ha aggiunto, è il coro che qui rappresenta ''un popolo, una massa di persone che viene manipolate dalle strutture di potere e costrette a sottostare alle decisioni terribili della principessa''.
Ai Weiwei, alla sua prima e unica regia teatrale di un' opera, ha ricordato che il suo primo incontro con questo dramma risale a 35 anni fa a New York quando fece la comparsa nella messa in scena di Zeffirelli al Metropolitan ''per avere qualche dollaro per un hot dog. Oggi che ne sono il regista si chiude un cerchio. Per me è quasi un sogno''. Il finale - ha sottolineato - è il punto cruciale della produzione incentrata sull' idea che l' amore può essere pericoloso e distruttivo. Non c'è bellezza senza il coraggio di correre rischi. Così è l' opera, ma così è anche la vita''. L' artista cinese sottolinea: "Ho cercato di restituire la visione occidentale dell' Oriente in un contesto globale pensando alle grandi tragedie di oggi. La scenografia ruota su una grande mappa che rappresenta il mondo e le coalizioni che ancora si formano su base geografica. Quello che sta accadendo oggi, i conflitti armati, ha aggiunto, 'ci spingono ad interrogarci sui concetti di vita, amore, comunità, odio, vendetta, pace democrazia. Gli artisti devono avere voce e l' opera può essere il veicolo per difendere il valore della pace''. Il soprano Oksana Dyka si alternerà nel ruolo della protagonista con Ewa Vesin; in quello di Calaf ci saranno Michael Fabiano (al debutto sia romano che nel ruolo) e Angelo Villari; Altoum è Rodrigo Ortiz. Liù sarà interpretata da Francesca Dotto e Adriana Ferficka. Nei panni di Timur Antonio Di Matteo e Marco Spotti. Completano il cast Alessio Verna (Ping), Enrico Iviglia (Pang), Pietro Picone (Pong) e Andrii Ganchuk (un mandarino). Il Coro e la Scuola di Canto Corale dell'Opera di Roma sono diretti dal maestro Roberto Gabbiani. Dopo la prima del 22 marzo sono previste sei repliche.
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