Venti anni senza Gaber, venti anni
con lui, Giorgio Gaber è uno di quegli artisti che hanno
lasciato un segno profondo nella storia culturale del nostro
paese. E il documentario, scritto e diretto da Riccardo Milani,
non solo è riprova ma lo fa conoscere anche a chi non appartiene
alla sua generazione e non ha vissuto quegli anni. Il docufilm,
domenica 22 ottobre in proiezione speciale alla Festa del Cinema
di Roma (18-29 ottobre), promosso dalla Fondazione Gaber,
prodotto da Atomic in coproduzione con Rai Documentari e Luce
Cinecittà, sarà in sala con Lucky Red il 6, 7 e 8 novembre.
Io, noi e Gaber arriva a breve distanza da Enzo Jannacci. Vengo
anch'io di Giorgio Verdelli, presentato alla Mostra del cinema
di Venezia a settembre e in sala con Medusa: entrambi con il
merito di ricordarci quei geni liberi degli anni '60 e '70,
fortemente radicati a Milano.
Girato tra Milano e Viareggio, nei luoghi della vita di
Giorgio Gaber, Io, noi e Gaber vuole essere un ritratto non
polveroso ma al contrario vivo e incisivo. Milani racconta il
signor G. in tutte le fasi della sua carriera artistica: dai
primissimi esordi nei locali di Milano al rock con Adriano
Celentano, dal sodalizio artistico e surreale con l'amico
Jannacci agli iconici duetti con Mina e alle canzoni con Maria
Monti. Dagli anni della popolarità televisiva al teatro, con
l'invenzione, insieme a Sandro Luporini, del Teatro Canzone,
piena espressione del suo impegno politico e culturale. Sullo
sfondo, luogo in cui tutto converge, il Teatro Lirico di Milano.
Nel ritratto, che si fa anche intimo quando lascia la parola
alla figlia Dalia e alla moglie Ombretta Colli, Riccardo Milani
raccoglie tante voci di colleghi e artisti che lo hanno vissuto
e amato. Ci sono tra gli altri Claudio Bisio, Jovanotti, Ricky
Gianco, Gino e Michele, Gianni Morandi.
"Giorgio Gaber è stato una persona importante della mia vita.
Da piccolo mi ha divertito con l'allegria di Goganga, Il
Riccardo o La Torpedo blu, e dal liceo in poi mi ha fatto alzare
la testa e avere uno sguardo sul mondo segnando il mio percorso
di formazione. Raccontarlo per me è stato soprattutto un modo
per ringraziarlo", dichiara il regista Riccardo Milani.
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