Roberto Iovino
Teatro Duse affollatissimo a Genova
ieri sera per la prima di "Equus". Molti giovani e molti
anziani: fra questi ultimi, tanti "c'erano" anche cinquant'anni
fa quando il drammatico testo di Peter Shaffer venne
rappresentato proprio sullo stesso palcoscenico in prima
nazionale. Allora la regia era del ventiduenne Marco
Sciaccaluga; questa volta a firmarla è stato il figlio Carlo.
Una sorta di ideale passaggio di consegne. Va detto subito che è
stato uno splendido spettacolo, uno dei più belli di questi
ultimi anni, magnificamente costruito e altrettanto
magnificamente interpretato, tanto che la platea in totale
silenzio e crescente tensione lungo tutta la serata (oltre due
ore e quaranta la durata) alla fine è scattata in un
interminabile e calorosissimo applauso.
Le analogie fra i due spettacoli si limitano essenzialmente a
due elementi: l'utilizzo delle splendide maschere per
rappresentare i cavalli e la traduzione del testo che Carlo ha
recuperato dal padre naturalmente aggiornandola per renderla
contemporanea (i jingle che canta il ragazzo per eludere le
domande tratte dalle pubblicità odierne ne sono un esempio). La
scena, ideata da Anna Varaldo è uno spazio vuoto nel quale è
collocata una passerella che scende a terra da un lato
avvolgendo una pedana circolare e rotante posta al centro. Lì,
immaginaria clinica per malati di mente, si sviluppa il rapporto
fra lo psichiatra Martin e il giovane Alan che una notte, senza
apparente ragione, ha accecato sei cavalli da lui adorati.
Martin deve scavare nella mente di Alan, in realtà scava anche
nella propria, si interroga sulla sua vita in un dialogo serrato
fra passione fisica e passione mistica, fra istinto e ragione.
Martin giunge a invidiare il ragazzo che almeno per una notte ha
"cavalcato" esaudendo i propri ardenti desideri. Un testo di
forte drammaticità che Sciaccaluga ha governato con
intelligenza, scavando nei personaggi, lavorando attentamente
sulle luci (di Aldo Mantovani) e sull'incisivo commento musicale
(di Andrea e Leonardo Nicolini, rispettivamente padre e figlio),
e regalando momenti di grande teatro: così è la scena dei
cavalli, cupamente cadenzata dal ritmo degli zoccoli al trotto,
e così è naturalmente la famosa scena del nudo integrale in cui
Alan cerca invano di fare l'amore con la sua ragazza, ma la
"presenza" dei cavalli glielo impedisce. Il cast è eccellente.
Il giovanissimo Pietro Giannini è un Alan di forte drammaticità,
Luca Lazzareschi costruisce la figura controversa dello
psichiatra con lucida intelligenza. Bravi anche gli altri: Pia
Lanciotti (la madre di Alan), Paolo Cresta (il padre) e poi
Camilla Semino Favro, Giulia Prevedello, Michele De Paola.
Repliche fino al 6 aprile. Da non perdere.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA