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ALESSANDRA DE VITA, 'SOSPESE. FEMMINICIDI IRRISOLTI: DAL CASO MONTESI AL DELITTO DI VIA POMA' (MURSIA, PP 184, 16 EURO) - Se tutti gli italiani conoscono almeno per nome Simonetta Cesaroni, vittima di un delitto commesso 35 anni fa e tuttora impunito, o quello di Emanuela Orlandi, l'adolescente residente nella Città del Vaticano scomparsa e mai più trovata, sono tante le donne vittime di fatti di sangue che non hanno avuto giustizia. Vite che sono rimaste 'Sospese' come recita il titolo del libro di Alessandra De Vita dal 18 aprile in libreria. Tra le nove vittime di 'femminicidio' (ma la parola è stata coniata molto tempo dopo) ci sono storie che ancora sono rimaste nell'immaginario collettivo come quella di Wilma Montesi uccisa nel 1953. Ma quanti ricordano il nome di Elvira Orlandini e "il delitto del Corpus Domini" commesso nel lontano 1947, o di Antonietta Longo, uccisa e decapitata a Castel Gandolfo nel 1955? O di Elisabetta Di Leonardo, uccisa in via dei Prefetti a Roma nel 1986, di Simonetta Ferrero uccisa nel luglio del 1973 a Milano, nei bagni dell'Università Cattolica, o di Lidia Macchi? Un altro femminicidio dimenticato è quello di Roberta Lanzino, stuprata e uccisa a soli 19 anni in provincia di Cosenza. Ma, come scrive De Vita nel libro dal sottotitolo 'Femminicidi irrisolti: dal caso Montesi al delitto di via Poma', "il tempo non può precludere la ricerca della verità".
Giornalista e scrittrice, De Vita cerca di fare chiarezza in ogni singolo omicidio, con precisione cronachistica e uno studio accuratissimo dei casi, che, nel giallo di via Poma, la porta a concludere che occorre ripartire dalle tracce genetiche presenti sui reperti e mai analizzate. Con una certezza: l'omicida è senz'altro un "cittadino al di sopra di ogni sospetto" o non riuscirebbe "a sfangarla da oltre 30 anni. Ma perché e da chi viene coperto?" si chiede l'autrice, convinta che anche il fatto che Simonetta fosse una ragazza "di estrazione sociale piuttosto umile" abbia contribuito a lasciare la sua vita ancora sospesa in quello che definisce un inspiegabile e assurdo vuoto di giustizia.
Di certo questo è avvenuto nel caso di Antonietta Longo, uccisa e decapitata nel 1955, presso il lago di Albano. Era domestica presso un medico, veniva da un paesino siciliano in provincia di Catania, ma le indagini non riescono a chiarire se sia vero che stia per unirsi all'uomo che ama come scrive prima di sparire in una lettera ai suoi familiari. De Vita, dopo aver fatto luce su tutte le testimonianze, ricostruisce gli ultimi giorni della vittima e pone l'attenzione sul fatto che un medico francese, accusato di aborti clandestini, scompare da Roma proprio nei giorni della scoperta del cadavere decapitato (per non farla riconoscere e guadagnare tempo?) mentre i medici che vedono per primi il corpo scrivono sin da subito che si sospetta un aborto.
Anche nel suo caso, come in quello di Montesi, le indagini trascurano alcune tracce o non verificano dichiarazioni che potrebbero gettare una luce nuova su quanto accaduto.
"Nove donne assassinate che non hanno avuto giustizia sono purtroppo la punta di un iceberg" scrive Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela, nella prefazione al libro e purtroppo "le cronache raccontano solo una piccola parte di quelle persone dimenticate, archiviate in pochi giorni, diventate pezzi di carta con un timbro sopra e gettate in un cassetto". Il libro di De Vita cerca di colmare questa lacuna ricordando alcune di queste ragazze che avevano sogni e progetti, un lavoro, amori e amicizie, famiglie che ancora invocano la verità. 'Sospese' ripercorre le storie di vite spezzate nel pieno della giovinezza da assassini senza nome e dà voce ad assenze che lottano per uscire da un vuoto in cui rimangono troppe innocenti morte negli scorsi decenni, quando ancora non era stato coniato un termine per l'omicidio di genere: femminicidio.
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