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Unioncamere, 7 imprese su 10 si stanno attrezzando sui dazi

Unioncamere, 7 imprese su 10 si stanno attrezzando sui dazi

Per contrastare effetti negativi misure Usa

ROMA, 29 aprile 2025, 14:14

Redazione ANSA

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Sette imprese su 10 si stanno attrezzando per contrastare gli effetti negativi dei possibili dazi Usa. Emerge da un recente sondaggio di Unioncamere e Centro studi Tagliacarne che mostra anche che sebbene le vendite italiane negli States rappresentino una quota significativa del nostro export, la capacità di diversificazione dei mercati (11 quelli mediamente raggiunti dalle aziende italiane) potrebbe contenere almeno in parte il peso delle nuove barriere economiche.
    Ne hanno discusso oggi i presidenti delle Camere di commercio, giunti a Roma per l'Assemblea di Unioncamere.
    "Il 43% delle imprese interpellate da una analisi di Ipsos resa nota oggi è convinto che la Camera di commercio possa offrire un valido supporto nell'accesso ai mercati esteri e quasi la metà pensa che le Camere di Commercio possano continuare ad essere un punto di riferimento per affrontare le sfide future", ha sottolineato il presidente di Unioncamere, Andrea Prete.
    "Soprattutto le imprese di piccola dimensione vanno aiutate visto che, secondo le nostre stime, oltre 7 miliardi di euro di export aggiuntivo potrebbero venire proprio da queste".
    L'effetto dazi Il primo effetto che le barriere commerciali del governo Usa potrebbe determinare, dicono le imprese, è la riduzione dell'export (il 56% delle imprese che subiscono un impatto da queste politiche indica questa limitazione). Al secondo posto (26%) c'è l'aumento dei costi di approvvigionamento. Al terzo posto (22%) è segnalata la riduzione delle vendite di beni intermedi e semilavorati che sono incorporati in prodotti di altri paesi per il mercato USA. Circa un'impresa su cinque (19%), inoltre, si aspetta un aumento della concorrenza da parte di altre imprese che potrebbero spostare i mercati di vendita dagli Stati Uniti all'Ue. Sette imprese su 10, però, sono pronte a rispondere, aumentando i prezzi di vendita (ipotesi dichiarata dal 33% delle aziende), ricercando nuovi mercati nella Ue (25%) o extra-UE (18%), aumentando/spostando la produzione negli Usa (lo dichiara solo il 3%).
   

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