L'Europa si presenta ancora una volta spaccata all'appuntamento con la storia. Con lo spauracchio di essere esclusi dal dialogo avviato fra Donald Trump e Vladimir Putin sull'Ucraina, i principali leader del Continente si sono incontrati e hanno discusso, ma poi hanno lasciato l'Eliseo e il presidente Emmanuel Macron - che li aveva convocati per un summit di crisi - senza trovare una linea comune, a cominciare dall'ipotetico invio di truppe di pace in Ucraina auspicato dall'ospite.
Dopo più di tre ore, i capi dei governi di Francia, Italia, Germania, Spagna, Gran Bretagna, Danimarca, Polonia e Olanda - alla presenza dei vertici Ue e della Nato - si sono trovati solo sui principi generali, ovvero sulla necessità di condividere le scelte con gli Stati Uniti, l'esigenza di garantire una pace giusta e di proteggere l'Ucraina. Macron ha addirittura fatto precedere la riunione da un gesto eloquente, una telefonata di una ventina di minuti con Donald Trump, un segnale di mano tesa e di volontà di collaborazione. Ma non è bastato. Il primo ad uscire dalla riunione è stato il cancelliere tedesco Olaf Scholz, ribadendo la necessità che Europa e Stati Uniti agiscano "sempre insieme" per la sicurezza di tutti. Scholz ha insistito in particolare sull'aumento del "finanziamento" dello sforzo europeo per la sicurezza, accettando di andare oltre le regole di bilancio di solito invalicabili per la Germania. Quanto invece al dossier che più di ogni altro ha spaccato i partecipanti, il possibile invio di truppe in Ucraina, il cancelliere è il capofila di quelli che non ne vogliono neppure sentir parlare, almeno per il momento. Si è definito anzi "irritato" da chi ha avanzato questo tema: "Credo - ha detto - che sia del tutto prematuro parlarne ora. Anzi sono anche un po' irritato per questo dibattito. Voglio dirlo chiaramente: qui si discute sulla testa degli ucraini di trattative di pace che ancora non hanno avuto luogo, alle quale gli ucraini non hanno detto di sì e non si sono nemmeno seduti al tavolo".
Arrivata per ultima al vertice, quando tutti erano seduti attorno al tavolo già da un'ora, anche Giorgia Meloni non ha nascosto le sue perplessità, a partire dal formato ristretto della riunione, che ha escluso ad esempio gli Stati baltici e del Nord, i più esposti al rischio di estensione del conflitto. Non si possono apparecchiare caminetti "anti-Trump", né scegliere una linea in contrasto con gli Stati Uniti, sarebbe stato il senso del ragionamento della premier, secondo cui l'opzione di inviare truppe europee di deterrenza in Ucraina sarebbe "la più complessa e la meno efficace", soprattutto senza adeguate "garanzie di sicurezza" per Kiev. Meloni avrebbe quindi esortato a "esplorare altre strade" e soprattutto a coinvolgere e farsi coinvolgere da Washington, perché "è nel contesto euro-atlantico che si fonda la sicurezza comune".
Il polacco Tusk, ha ammesso che i rapporti fra Europa e Stati Uniti entrano ormai in "una nuova fase" ed ha riferito che "tutti i partecipanti" alla riunione ne hanno convenuto. Ma, ha aggiunto, si rendono conto "unanimemente" che "un aumento delle spese di difesa è assolutamente necessario". Come Madrid, anche Varsavia però è risultata quanto meno riluttante all'ipotesi di stivali sul terreno, opzione alla quale ha invece aperto Keir Starmer, primo ministro britannico che la settimana prossima andrà a Washington da Trump e vorrebbe ricoprire il ruolo di "facilitatore" fra Europa e Usa. Come lui la pensa anche la Svezia, che pure non partecipava alla riunione di oggi. Macron, dopo aver salutato i suoi ospiti, ha sorpreso un po' tutti non prendendo la parola in nessun modo dopo il vertice, un atteggiamento inedito per lui, che ama solitamente comunicare ai francesi il risultato delle sue iniziative: segno che le sue proposte per trovare un'unità di intenti europea non hanno dato frutti. La richiesta, insistita, per un impegno ad inviare truppe e sempre più armi per difendere l'Ucraina e garantire una pace giusta non hanno convinto la maggioranza degli invitati.
Stando ad alcuni funzionari informati sui preparativi per l'incontro di Parigi, il capo dell'Eliseo aveva abbozzato l'ipotesi della creazione di una "forza di rassicurazione" da posizionare non su una futura linea di cessate il fuoco in Ucraina, ma "al di qua". L'assenza, preventivata da Parigi, di un documento finale di questa riunione, sempre definita "informale" proprio per evitare spaccature irreparabili, rende impossibile capire quali siano stati i temi "esclusi" dai disaccordi, e quelli sui quali invece si potrebbe lavorare ad un'intesa. "L'Ucraina merita la pace attraverso una posizione di forza. Una pace rispettosa della sua indipendenza, sovranità e integrità territoriale, con forti garanzie di sicurezza. L'Europa si fa carico di tutta la sua parte di assistenza militare all'Ucraina", sono state le parole di Ursula von der Leyen dopo aver lasciato l'Eliseo.
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