Olaf Scholz un semplice parlamentare. Robert Habeck lascia la guida dei Verdi.
Christian Lindner abbandona la politica. In Germania escono di scena tutti e tre i leader della cosiddetta coalizione Semaforo, dal colore dei tre partiti che la componevano.
E il giorno dopo le elezioni è chiaro che il voto del 23 febbraio ha avuto l'effetto di uno tsunami sul quadro politico dell'era post Merkel, spazzando via i protagonisti di quella che è stata solo una transizione.
Questo passaggio di mano a Friedrich Merz fa una certa impressione a tutti a Berlino, disorientando tanti tedeschi, i colleghi di partito, i giornalisti. Anche chi ha contestato ferocemente i responsabili di una breve stagione, segnata da liti e teatrini molto lontani dagli standard tedeschi. Il volto scuro del cancelliere, certo di farcela fino all'ultimo nonostante i sondaggi, è molto eloquente. Continua a definirla una "sconfitta amara", ma il presidente del partito Lars Kingbeil, che dovrà riorganizzare i socialdemocratici, la definisce "drammatica".
E alla fine ha ringraziato il politico che ha voluto correre a tutti i costi, noncurante dei bassissimi indici di gradimento, e contro le pressioni di chi avrebbe puntato sul ministro della Difesa Boris Pistoris, solo per lo 'Zeitenwende'. La 'svolta storica', annunciata (e non ancora compiuta) all'indomani dell'invasione russa, in Parlamento. "È stato un grande onore per me vincere le elezioni nel 2021 e assumere la responsabilità come nono cancelliere della Repubblica, il quarto socialdemocratico. E adesso intendo compiere il mio dovere fino all'ultimo giorno", ha scandito con orgoglio Scholz. "Quest'anno compio 50 anni da membro dell'Spd: di questo partito c'è bisogno nel Paese, per la democrazia, per il diritto, per la giustizia nella società. Continuerò a sentire come mio compito fare in modo che i socialdemocratici abbiano successo". Ma ha già assicurato che non assumerà incarichi nel prossimo governo. Saskia Esken, al suo fianco, invece vorrebbe restare.
A pochi chilometri di distanza, nella Bundespressekonferenz, Robert Habeck annuncia a sua volta: "Non ambirò più a ruoli guida nel tableau del personale dei Verdi". "L'offerta degli elettori è stata top - sostiene - ma la richiesta degli elettori non è stata come i Verdi se la sarebbero aspettata. Non è un buon risultato. Volevamo di più". Il vicecancelliere e ministro dell'Economia è andato anche più a fondo nel riconoscere la personale sconfitta: "La mia offerta politica, quello che io incarno, non è ciò che la società vuole". Un wording nel quale rimbombano le decisioni più contestate: l'impuntatura sulle pompe di calore in piena crisi energetica; la chiusura delle centrali nucleari, attaccata successivamente da più parti; le conseguenze della politica ecologista sull'industria dell'auto.
Quindi è toccato al liberale Christian Lindner, che in un post su X aveva fatto sapere in nottata: l'Fdp non ce l'ha fatta ad entrare nel Bundestag, "Adesso lascio la politica attiva". Un passo seguito dal segretario generale Marco Buschmann, ex guardasigilli. "Abbiamo pagato un prezzo alto, ma abbiamo lottato", ha affermato Lindner rimarcando di aver affossato il governo per rendere possibile la virata nel Paese in recessione.
"L'Fdp resta un fattore politico, siamo nell'Ue, nei Laender, nei Comuni, e abbiamo 70 mila tesserati. L'organizzazione è sana. La situazione è diversa dal 2013". Il volto è tirato, il futuro papà che adesso avrà più tempo controlla ogni emozione.
"Resterò legato al mio partito", l'aggiunta, assicurando di essere pronto a dare consigli. "Continuate a interessarvi ai liberali, ne vale la pena".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA