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Il cashmere si tinge di caffè nel lanificio Bottoli

Il cashmere si tinge di caffè nel lanificio Bottoli

I residui colorano i tessuti: 'Lavoriamo anche sull'aroma'

ROMA, 15 aprile 2025, 12:43

Redazione ANSA

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(di Francesco Betrò) L'alta moda incontra la sostenibilità nello storico lanificio Bottoli, dove una piccola parte della produzione dei tessuti pregiati, come il cashmere, viene tinta utilizzando gli scarti dei fondi del caffè. L'aroma non si può ancora sentire, ma Ettore Bottoli, direttore commerciale dell'azienda e figlio del presidente Roberto, assicura che ci stanno lavorando "anche se siamo ancora alle fasi preliminari".
    In attesa di raggiungere questo step, sciarpe, giacche e coperte assumono già il colore tipico della bevanda più amata dagli italiani grazie a un lungo e costoso processo. "Abbiamo provato a tingere il cotone e il lino, ma niente" spiega Ettore, che però non si è arreso e ha continuato a credere nell'idea di suo padre, fino a che "il colore ha attecchito sulla lana e sul cashmere".
    Il tintore "un po' mi odia" scherza il direttore commerciale, perché la lavorazione è laboriosa, "ma dopo vari tentativi siamo riusciti anche a industrializzare il prodotto". Che è diventato un'eccellenza richiesta dai più importanti marchi di moda mondiali. Non solo in Italia, dove producono per Etro, ma anche in Giappone, Paese nel quale Bottoli è venuto a presentare il suo prodotto al Padiglione Italia di Expo 2025 Osaka. "Junya Watanabe, il più famoso stilista giapponese, è venuto di persona nei nostri impianti di Serravalle" racconta.
    Watanabe è rimasto sorpreso dai tessuti fantasia dell'azienda attiva dal 1861, "non credeva che un lanificio potesse fare tessuti così colorati". Si è dovuto ricredere, fino a dedicare una sfilata proprio al padre di Ettore, Roberto. La collaborazione con Watanabe va avanti da due anni, ma in Giappone Bottoli è presente da più di due decenni e collabora con marchi come United Arrows, Beams, Aramis, Ishida, Takaoka, Takisada, Sanyo Shokai e altri.
    Una rete in espansione nel mercato asiatico, dove a farla da padrone restano ancora Cina e Corea. Ma Bottoli è riuscito a diversificare i suoi partner, arrivando ad averne oltre 180, così da non essere dipendente da nessuno.
    Qualità e sostenibilità sono la cifra del lanificio Bottoli.
    Un'azienda a ciclo completo, dalla lana al tessuto finale: "Come una fabbrica di cioccolato" sorride il direttore commerciale.
    Questo meccanismo garantisce il controllo in ogni fase del lavoro di una produzione che è praticamente a chilometro zero.
    Lo stesso avviene per i prodotti fatti coi fondi del caffè, che arrivano direttamente dalla torrefazione locale Dersut.
    E questo tessuto colorato con il caffè non è l'unico a essere sostenibile. L'attenzione al green viene da lontano: "Negli anni Duemila abbiamo utilizzato la lana priva di tinture nel solo colore del vello della pecora", solo in lana italiana. Un procedimento, racconta Bottoli, immaginato da suo padre e in cui nessuno oltre a lui credeva. "Adesso i tessuti naturali, quindi privi di tinture, sono il 65 per cento del loro business. Una scommessa vinta".
   

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