Oltre il 50% dei fiumi brasiliani
è a rischio a causa dello sfruttamento eccessivo delle falde
acquifere sotterranee per l'irrigazione agricola. E' quanto
emerge da uno studio condotto dall'Università di San Paolo (Usp)
e pubblicato sulla rivista Nature Communications, secondo cui
l'estrazione intensiva di acqua da parte di produttori agricoli
e industrie ha ridotto drasticamente la portata dei fiumi,
compromettendo gli ecosistemi acquatici e l'approvvigionamento
di diverse regioni del Paese.
I ricercatori hanno analizzato i dati provenienti da diversi
bacini fluviali brasiliani e hanno scoperto che un prelievo
eccessivo di acqua influisce direttamente sul flusso dei fiumi,
soprattutto durante i periodi di siccità. Lo studio rivela che,
in alcune regioni, il volume d'acqua nei fiumi ha già raggiunto
livelli critici, il che potrebbe aggravare le crisi idriche in
futuro.
Secondo l'indagine, il 55,4% dei pozzi analizzati presenta
livelli d'acqua al di sotto della superficie dei fiumi più
vicini. Ciò crea un gradiente che favorisce la percolazione
dell'acqua del fiume nel sottosuolo, provocando una diminuzione
del flusso idrico. "A causa delle condizioni climatiche e
dell'intensa attività agricola, il bacino del fiume São
Francisco e la regione di Matopiba (che comprende gli stati di
Maranhão, Tocantins, Piauí e Bahia) sono aree particolarmente
critiche, entrambe altamente dipendenti dalle falde acquifere
per l'irrigazione e l'approvvigionamento umano", afferma il
professore di ingegneria Paulo Tarso Sanches de Oliveira.
Secondo gli autori della ricerca "se non si adottano misure
di gestione sostenibile, il proseguimento di questo processo
potrebbe compromettere la disponibilità di acqua per il consumo
umano, l'agricoltura e la produzione di energia idroelettrica".
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