Un mazzo di rose rosse in Aula sullo scranno dove sedeva Giorgio Napolitano. E' l'omaggio dell'Assemblea di palazzo Madama nel giorno in cui si commemora, alla presenza dei figli e dei familiari, la scomparsa del presidente emerito avvenuta il 23 settembre scorso. Un minuto di silenzio chiesto dal presidente Ignazio La Russa a cui segue un lungo e caloroso applauso, poi la cerimonia prende il via tra memorie, aneddoti e qualche stoccata per un uomo, su questo sono tutti d'accordo, "Protagonista della nostra storia repubblicana", come precisa La Russa.
Via via che gli interventi si susseguono viene restituita la figura del riformista, dell'innovatore a sinistra, del decisionista. "La vocazione europeista, la scelta atlantica, la ricerca del multilateralismo sono state il cuore della sua militanza nella sinistra alla cui trasformazione si è dedicato con passione", afferma Pierferdinando Casini. Per qualcuno sono luci, per altri ombre, ma tutti gli riconoscono il grande impegno politico e istituzionale profuso per il Paese. "Un gigante della vita istituzionale e civile - sono le parole commosse della senatrice Elena Cattaneo - la sua eredità morale è nell'idea della politica come strumento per superare le iniquità economiche e sociali".
Il primo Presidente della Repubblica eletto per due volte con sei Governi che si sono succeduti, viene ricordato "nell'ultima Aula parlamentare che ha frequentato" come tiene a ricordare La Russa. Due volte Presidente della Repubblica, Presidente della Camera, Presidente del Senato, il primo a ricoprire tutte le tre più alte cariche dello Stato. "Voleva le riforme costituzionali perché pur convinto che la nostra fosse la Costituzione più bella del mondo ne vedeva i limiti", afferma Matteo Renzi. "La necessità delle riforme è sempre stato il suo rovello", gli fa eco il capogruppo dem, Francesco Boccia che rimarca: "grazie a lui il PCI, prenderà la strada verso il socialismo europeo". "Amava la politica almeno quanto la vita", dice il leader di Iv che suggerisce: "ha ancora qualcosa da dare per il futuro".
Renzi lo assolve dall'accusa di autoritarismo, e ne attualizza il ricordo: "come presidente della repubblica si è attenuto ai dettami costituzionali. Per essere onesti con la sua memoria dovremo ammettere che la figura del capo dello Stato è una figura i cui contorni richiedono una precisazione costituzionale". Diverso il parere dei 5 stelle che con Ettore Licheri puntano l'indice: "Uomo colto, ma refrattario al cambiamento", "nel suo sforzo di difendere la Carta finì per travalicarne i perimetri smettendo piano piano i panni del rappresentante di Stato per divenire egli stesso Stato". A smontare la tesi del cosiddetto complotto del 2011, per favorire le dimissioni di Berlusconi e portare a palazzo Chigi Mario Monti, torna, dopo la riabilitazione da parte di Gianni Letta nei funerali laici alla Camera, lo stesso Monti, ora senatore a vita. L'ex premier chiede una "pacata riconsiderazione storica", perché sostiene: "Napolitano e Berlusconi, erano personalità a volte contrapposte ma non in quella fase, che fu decisiva per ridare all'Italia la propria unità e la propria piena appartenenza alle istituzioni europee".
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