Il nuovo Meccanismo europeo di stabilità (Mes) nasce nel 2019 dal vecchio fondo salva-Stati che l'Ue ha voluto riformare dopo il salvataggio della Grecia, per rimuoverne le componenti più criticate come l'infausto Memorandum che imponeva tagli e riforme lacrime e sangue in cambio degli aiuti. Archiviata la stagione dell'austerity, l'Ue decise di dare nuovi compiti e poteri al fondo che, per rifarsi un'immagine, avrebbe potuto dare una mano ai Paesi anche prima di finire in crisi.
L'idea è stata quindi rafforzare e semplificare l'uso degli strumenti a disposizione del Mes prima del salvataggio di un Paese, ovvero le linee di credito precauzionali: uno Stato potrebbe chiederle qualora venisse colpito da uno shock economico e volesse evitare di finire sotto stress sui mercati.
LO STRUMENTO. La riforma elimina il Memorandum sostituendolo con una lettera d'intenti che assicura il rispetto delle regole del Patto di stabilità. Un elemento, quest'ultimo, che mette alle strette i Paesi con deficit e debiti alti: per loro l'unica possibilità sarebbe una linea di credito "a condizionalità rafforzata", ovvero che concede aiuti solo a fronte di correzioni dei conti.
Il nuovo Mes fornisce un paracadute finanziario (backstop) al fondo salva-banche (il fondo unico di risoluzione europeo alimentato dalle banche stesse), qualora, in casi estremi, dovesse finire le risorse a disposizione per completare i 'fallimenti ordinati' degli istituti in difficoltà. Si tratta di una linea di credito da 70 miliardi, ed è uno dei tasselli mancanti dell'Unione bancaria.
IL NO DELL'ITALIA. Il primo Meccanismo europeo di Stabilità fu ratificato dall'Italia, dal governo Monti. Sulla riforma del Mes l'opposizione di Roma, a prescindere dagli esecutivi in carica, non è stata mai superata. Tra i punti finiti sin dall'inizio nel mirino è finita la riforma - con una procedura più rapida, a maggioranza singola dei detentori dei titoli di debito pubblico - delle clausole di azione collettiva, attraverso le quali uno Stato membro può di fatto rinegoziare alcuni termini degli stessi titoli.
Il governo giallo-verde sin da principio ha manifestato la sua ferma opposizione alla ratifica, che non è stata effettuata neppure con il governo M5S-Pd, sebbene i Dem non fossero contrari. Nessuna buona nuova, per l'Ue, è emersa con l'esecutivo guidato da Mario Draghi: il premier, infatti, non aveva la maggioranza in Parlamento per procedere alla ratifica, vista la presenza di M5S e Lega nell'alleanza di governo.
IL PRESSING DELL'UE. Le cose, per l'Italia si fanno più delicate dal dicembre del 2022 quando la Germania procede alla ratifica del Mes: da allora Roma è l'unica capitale a fermare l'entrata in vigore del Trattato. Il governo guidato da Giorgia Meloni ha affrontato il dossier, ma il 21 dicembre del 2023 la Camera bocciato il Meccanismo, certificando, come sostenuto dal titolare del Mef Giancarlo Giorgetti, che i numeri in Aula non ci sono. Nelle ultime settimane, tuttavia, il pressing dell'Ue è tornato a farsi sentire vista anche la nuova accelerazione che Bruxelles, di fronte ad una situazione globale molto più instabile, vuole dare all'Unione Bancaria.
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