Rosario Livatino sarà proclamato,
domenica 9 maggio, beato. Ma il magistrato non è da ricordare
come "un 'santino', bensì come un uomo che ancora, nell'esempio
e nella memoria, vive". Lo sottolinea don Luigi Ciotti, nella
prefazione al libro di Toni Mira, "Rosario Livatino. Il giudice
giusto" (Edizioni San Paolo).
Livatino "vive nelle speranze di fedeli che a lui si
affidano. Vive nel ricordo di quanti hanno avuto il privilegio
di conoscerlo", "vive nell'impegno dei giovani che coltivano i
terreni confiscati, e nei prodotti che hanno per marchio il suo
nome. Vive nell'ammirazione di tanti magistrati, giuristi e
studenti che a lui si ispirano nel coltivare l'amore per il
diritto e soprattutto per i diritti di ogni persona. Vive
nell'impegno di chiunque si spenda contro ogni forma di
prepotenza, violenza e sopraffazione dell'uomo sull'uomo".
Il presidente di Libera sottolinea che "la Chiesa ci dice che
Livatino non è stato solo un uomo dalle fulgide virtù cristiane,
un figlio e un amico affettuoso e un eccellente magistrato, ma
qualcuno talmente vicino a Dio da morire per la sua fede. Lo fa
infatti beato 'in odium fidei', ossia perché ritiene che il suo
omicidio abbia avuto ragione nella purezza e nell'intransigenza
della fede, vista dai criminali come l'ostacolo insormontabile a
corromperlo o farlo desistere dalla sua ricerca di verità e
giustizia".
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