Ci voleva la fantasia di Pablo
Larrain (Tony Manero, Jackie) per immaginare un Augusto Pinochet
diventato un vampiro stanco che, dopo 250 anni di vita, vuole
solo morire. Lui sarebbe anche pronto a farlo, ma ha una sola
paura: accetta pure che lo chiamino assassino, ma non sopporta
che gli dicano ladro. La moglie (Gloria Münchmeyer), poi, ha
intrecciato una relazione con il suo losco maggiordomo (Alfredo
Castro) anche lui vampiro. Figli e figlie, infine, aspettano
solo la sua eredità e sono così più vampiri dei vampiri.
Questo, in estrema sintesi, El Conde di Pablo Larraín, film
in bianco e nero in corsa a Venezia e incentrato sulla figura di
Augusto Pinochet (Jaime Vadell), il generale cileno a capo del
paese dal 1973 al 1990, nonché protagonista di una delle più
atroci dittature del XX secolo che ha prodotto migliaia di
vittime tra i civili.
"L'idea del film (che sarà distribuito da Netflix dal 15
settembre) - spiega il regista - non è certo originale e si basa
sul più pericoloso dei concetti, ovvero che una figura come
quella di Pinochet possa essere eterna e che il male possa alla
fine sopravvivere. Credo che oggi sia giusto dire questo in un
momento in cui la storia sembra ripetersi". Difficile invece
"prevedere - aggiunge - come sarà accolto in Cile. Probabilmente
c'è chi lo odierà e chi lo amerà".
L'idea iniziale, sottolinea Larrain, "era quella di
realizzare un film su Pinochet come vampiro e avevamo pensato
di fare una serie tv, ma poi ci siamo detti: perché non facciamo
un film? Comunque non avevamo mai considerato di sviluppare
questi progetto in occasione dei cinquant'anni dal golpe. Non
era previsto. È stato solo un caso".
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