(di Enzo Luongo)
(ANSA) - CAMPOBASSO, 10 MAR - Di sicuro "veemente", ma anche
tanto padrone di sé, pronto a rischiare grosso, vita compresa,
se l'ordine dall'alto fosse venuto, "aspettava solo quello". Il
procuratore di Campobasso, Armando D'Alterio, non ha dubbi: il
giovane somalo arrestato ieri in Molise con l'accusa di
istigazione al terrorismo "avrebbe proceduto se avesse ricevuto
gli ordini dall'alto". Una certezza che dà il senso di una
situazione di pericolo estremo corso dall'Italia: gli elementi a
disposizione degli inquirenti rendono concreto il sospetto che
il 22enne stesse progettando un attentato terroristico. In
silenzio e con grande capacità d'attesa: "Non era un pazzoide,
fino ad adesso si è trattenuto".
Una capacità di controllo che il 22enne mantiene ancora in
queste ore. "Perché mi arrestano? Non ho fatto nulla, non ho
ucciso nessuno", è la difesa di sé che il somalo continua a
ripetere dal carcere. "Lui - spiega il suo legale, Antonio Di
Renzo -, non conosce l'iter della giustizia italiana", come non
conosce bene nemmeno la lingua italiana. È sicuro solo di una
cosa: "Il suo arresto non è concepibile: è una cosa fuori dal
normale". Gli inquirenti ritengono che l'ordine di colpire
sarebbe arrivato, se gli stranieri ospiti come lui nel centro di
accoglienza di Campomarino non avessero avuto il coraggio di
riconoscere e denunciare alcuni eccessi. Sono loro, i tanti
profughi della disperazione, i primi a insospettirsi.
Il giovane parla, inneggia, invoca, assume comportamenti
esagerati; loro, gli altri ospiti, non condividono, prendono le
distanze e segnalano. È la genesi dell'operazione di polizia: ad
attivarla sono uomini giunti in Italia per sfuggire alla miseria
di casa. Loro come il giovane somalo, loro così diversi da lui.
Le segnalazioni degli stranieri fanno partire le
intercettazioni. Ancora in queste ore gli investigatori stanno
verificando i contatti in Italia e all'estero: i segnali in
entrata e in uscita dal telefono del giovane portano gli
inquirenti a pensare che "i viaggi che lui doveva fare erano
probabilmente di avvicinamento a possibili zone di attentato",
sempre a patto che "gli fosse arrivato il placet definitivo
dall'alto".
Lui era arrivato in Italia dall'Austria lo scorso 8 aprile,
dopo aver vissuto per brevi periodi in otto paesi diversi: oltre
alla Somalia, Arabia Saudita, Ucraina, Norvegia, Svezia,
Germania, Ungheria e Austria. Aveva presentato anche numerose
richieste di asilo, la prima risale a sei anni fa: tutte erano
state respinte, in Norvegia, Svezia, Germania, Ungheria. Un
intreccio di spostamenti continui e diffusi, dall'est al nord
dell'Europa, una rete di conoscenze e contatti che fa avanzare
l'ipotesi di altri possibili indagati.
"L'indagine per il reato di istigazione non è conclusa, ma è
a buon punto e sta facendo passi avanti, come prende piede
l'ipotesi relativa all'associazione terroristica", riferiscono
fonti investigative. Nelle prossime ore si terrà l'udienza di
convalida per il 22enne nel carcere di Larino.
Intanto nel centro di Campomarino, luogo dell'arresto, si
prova a tornare alla normalità, ma è difficile. Tutti, operatori
e rifugiati, sono turbati. "E' inutile nascondere per chi opera
con coscienza nel campo dell'accoglienza che questa vicenda ci
ha scosso. Però quello che conta è proprio salvaguardare la
verità", quella che per Simone Caner, responsabile del centro di
accoglienza, deve necessariamente "prevedere la differenza tra
gli uomini per bene, la parte sana, e le cellule marce, che
vanno isolate". (ANSA).