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Chiesto l'ergastolo per Filippo Turetta per il femminicidio di Giulia Cecchettin

Chiesto l'ergastolo per Filippo Turetta per il femminicidio di Giulia Cecchettin

La richiesta del pm al processo a Venezia: 'C'è premeditazione'

VENEZIA, 26 novembre 2024, 09:41

di Alberto Boccanegra

ANSACheck
Il pm Andrea Petroni, in aula della Corte di Assise - RIPRODUZIONE RISERVATA

Il pm Andrea Petroni, in aula della Corte di Assise - RIPRODUZIONE RISERVATA

Ergastolo per Filippo Turetta. Nel femminicidio di Giulia Cecchettin ci sono stati la premeditazione, la crudeltà e lo stalking, e non c'è alternativa alla pena massima per il colpevole. Il pm Andrea Petroni, ha concluso così in Corte d'Assise a Venezia la requisitoria nel processo che vede imputato Filippo Turetta.

Una richiesta di ergastolo per il 23enne reo confesso suffragata da una doppia narrazione. Dapprima quella dei fatti, rispetto ai quali il pm è partito dalla sera del delitto - l'11 novembre 2023 - proseguendo con la fuga di Turetta fino in Germania, e poi tornando sulla ricostruzione del rapporto, viziato dall'ossessione di possesso di Filippo. Poi c'è stata la ricostruzione per capi d'accusa, intrecciati con le fasi del racconto dell'omicidio.

Non c'è solo il femminicidio quell'11 novembre, ha sostenuto Petroni, c'è la sua preparazione, che diventa premeditazione. La famosa 'lista delle cose' da fare scritta da Turetta il 7 novembre - 4 giorni prima del delitto - quando Giulia non voleva più parlare con lui, poi aggiornata giorno per giorno con gli acquisti dallo scotch per legarla, un calzino per tapparle la bocca, i sacchi neri, i coltelli, la provvista di denaro contante e il pieno di benzina all'auto.

Poi, man mano che Turetta si rende conto che Giulia non tornerà più assieme a lui, ecco che inizia la caccia ai luoghi dove occultare un cadavere, le mappe cartacee per la fuga, la ricerca dei metodi per scomparire dai social e ostacolare così le future indagini delle forze dell'ordine; fino all'occultamento del corpo di Giulia, in un anfratto di roccia di un luogo quasi inaccessibile, vicino al lago di Barcis in Friuli. Qui, dove sono entrati in scena - riassume sempre il pm - i sacchi neri per nascondere il cadavere, l'abbandono degli effetti della ragazza, la sparizione del suo telefono e del pc. Tutto documentato da video delle telecamere lungo le strade recuperati dai Carabinieri, e dai device di Turetta. Per il rappresentante dell'accusa, inoltre, Turetta ha negato e mentito insieme nel primo interrogatorio in carcere, e poi anche in aula, nascondendosi dietro tanti "non ricordo".

Terribili i momenti vissuti in aula quando Petroni ha dovuto affrontare i passaggi sui tempi e la brutalità dell'azione omicida.

Il pm ha invitato il collegio giudicante a "vedere e rivedere" i video che documentano dettagliatamente il delitto e poi ancora, dopo aver letto numerosi brani, a rileggere e ascoltare i dialoghi via social, quelli in cui Turetta minacciava Giulia, si lamentava con le lei, presentandosi come 'vittima', e quelli di Giulia, che raccontava di avere ormai "paura di Filippo", confidandosi con le amiche, spiegando che di quel ragazzo non ne voleva più sapere.

La storia del femminicidio di Giulia, condensata in un racconto di due ore e mezzo. In aula, per la seconda volta, c'era anche lui, Filippo Turetta, con una felpa bordeaux, che ha ascoltato a capo chino, senza nemmeno dialogare con i propri legali. 

Un'udienza scivolata nei silenzi. Poi spazio alle parti civili, quelle del padre di Giulia, Gino Cecchettin, della sorella Elena, il fratello Davide, la nonna Carla e lo zio Alessio. I legali hanno lanciato sostanzialmente un messaggio: Giulia deve essere un simbolo, dentro e fuori dall'aula, è stata uccisa per motivi futili e abbietti.

Martedì parola alla difesa, con l'avvocato Giovanni Caruso che potrebbe tentare la carta della 'giustizia riparativa' (non uno sconto di pena, ma un percorso di 'redenzione'). Il 3 dicembre le eventuali repliche e la sentenza.

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