(di Alessandra Baldini)
Gli effetti dell'arte italiana
contemporanea e del secondo dopoguerra in una prospettiva
globale più ampia sono al centro di una mostra aperta da domani
all'11 gennaio a Magazzino Italian Art, il museo no profit di
Cold Springs nella valle dell'Hudson fondato dai mecenati Nancy
Olnick e Giorgio Spanu per promuovere e sostenere artisti
italiani dall'Arte Povera ai giorni nostri. "Bochner, Boetti,
Fontana" indaga per la prima volta le analogie formali,
concettuali e procedurali nelle opere di Mel Bochner, Alighiero
Boetti e Lucio Fontana, alla luce dei movimenti artistici che si
sono sviluppati parallelamente negli Stati Uniti e in Italia
durante gli anni'60 e '70.
"E' la prima volta che un artista americano è esposto nel
nostro museo", ha detto Vittorio Calabrese, il direttore del
museo. Curata dall'ottantenne Bochner in collaborazione con lo
staff di Cold Springs, la mostra comprende dipinti, sculture e
istallazioni tra cui opere provenienti dall'archivio personale
dell'artista: un'occasione per considerare la vicinanza, tanto
significativa quanto ignorata, dell'americano - uno degli
esponenti di spicco dell'Arte Concettuale - con gli altri due
artisti e con il panorama culturale di cui erano parte. Bochner,
che ha trascorso buona parte della sua carriera in Italia (nel
1970 la Galleria Sperone a Torino gli dedicò una personale e
Germano Celant lo incluse nella storica rassegna "Conceptual
Art, Arte Povera, Land Art") fa da filtro in un'esplorazione di
sistemi, linguaggi, materiali e un senso dell'ironia condivisi
tracciando confronti fra movimenti artistici sulle due sponde
dell'Atlantico tra cui Spazialismo e Arte Povera in Italia, e
l'Arte Concettuale e la Process Art negli Stati Uniti.
Tra le opere di Bochner in mostra, "Meditazione sul Teorema
di Pitagora" (1977/1993), è una delle sculture a pavimento della
serie "Luci di Fontana", realizzate con i frammenti scartati di
vetri di Murano dallo studio di Fontana di Milano. "La lingua
non è trasparente (Italiano/Inglese)" esprime l'importanza della
parola scritta sia per Bochner che per Boetti, mentre "Yizkor
(Per gli Ebrei di Roma)" del 1993 è costituita da una coperta
dell'Esercito Usa e da fiammiferi consumati che richiama l'uso
dei materiali "impoveriti" degli esponenti dell'Arte Povera.
Di Boetti c'è "Alternandosi e dividendosi" del 1989, parte
della serie di ricami "Arazzi" in cui griglie di singole lettere
simili a mosaici si combinano in parole ed espressioni che lo
spettatore deve decifrare, mentre "Concetto Spaziale, I Quanta"
di Fontana (1960) accosta e dispone geometricamente nove quadri
dipinti uniformemente di vernice rossa a base d'acqua, ognuna
delle quali tagliata e perforata a suo modo: una costellazione
di tele, la cui disposizione a Magazzino è stata curata da
Bochner che ha scelto anche "Io sono un santo" del 1958, dove
l'artista italo-argentino aggiunge a matita un "non" sulla
scritta a inchiostro blu e, sul retro, "Io sono una carogna".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA